il visir del sellino

Stamattina ero in macchina a un semaforo.
Sulla mia sinistra, la solita moto.
Ce ne sono sempre tante: tre, cinque, dieci; a sinistra, a destra, al centro, dritte, di traverso.
I motociclisti non riescono a credere di dover tenere la destra.
E’ più forte di loro. Non ce la fanno.

Quando arriva il verde, questo motociclista tenta di buttarsi sulla destra tagliandomi la strada.
Mi viene in mente che sotto il sedere ho 115 cavalli.
Non sono l’iradiddio, ma ci si può provare.
Okay.
Provo.
Accelerata.
Sgommata.
Ripresone.
E fuga.

Il moticiclista è costretto – da me, dai miei 115 cavalli – a tenere la sinistra.
E s’incazza come una bestia.
Mi guarda, agita un pugno in aria, sento che strilla qualcosa.
Strillo qualcosa anch’io, per la verità. Un aggraziatissimo “che cazzo vuoi?”.
Lui agita i pugni ancora di più.

E io gli ridico “che cazzo vuoi” scandendo bene le parole, perché legga il labiale, e mi sento una dea.
Non ci poteva credere, lo stronzo, che una donna al volante, con due bambini sul sedile posteriore – una donna castana, nemmeno bionda! – potesse essere in grado di impedire a lui, il re del sellino, il visir dei centauri, di tagliarle la strada.
Tagliare la strada è un suo diritto, per dio.
Come si permette, questa stronza che non ha neanche il rossetto?

Ah, povera virilità umiliata.