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favole a buon mercato (del lavoro)
Ho una domanda: come può, un giornale, permettersi il lusso di definire sic et simpliciter «migliori» gli atenei che il ministero ha deciso di definire tali, senza minimamente abbozzare uno straccio di approccio critico al concetto di «migliore», al parametro scelto?
In fondo, nel generale abuso di virgolette a cui i giornali sono abituati, qui sarebbe bastato mettere l’aggettivo tra virgolette, appunto, e già si sarebbe saputo che tra l’idea del ministero e quella di un osservatore terzo come in casi simili potrebbe essere il giornalista c’era un minimo di margine adatto a una distanza critica.
Nel pezzo, poi, il sublime: «La qualità della didattica è stata valutata» anche «in base» (e qui si cita il ministero) «“alla percentuale dei laureati che trovano lavoro a tre anni dal conseguimento della laurea”».
Come se il cosiddetto mercato del lavoro avesse qualcosa a che fare con ciò che si finge di voler qui premiare, cioè il criterio «meritocratico».
Come se le raccomandazioni, per esempio, non esistessero.
Come se la Gelmini, che è andata a Reggio Calabria fare l’esame da avvocato, vivesse in un mondo di fiaba.
E come se nello stesso mondo fatato vivesse anche Repubblica.
Quanto al Corriere, fa pure di peggio, dicendo nel sommario che «per la prima volta in Italia» viene «applicato un criterio di qualità nella distribuzione dei fondi».
Totalmente acritico.
Un ufficio stampa del governo.
Poi si capisce perché la Gelmini pare essere uno dei ministri più apprezzati (graditi?) dai non addetti ai lavori. La costruzione del consenso passa attraverso tali aberrazioni giornalistiche.
Com’è purtroppo ovvio, sono assolutamente d’accordo.
Ogni volta che evitano di fare una domanda, di chiedere un chiarimento, di cercare una spiegazione, di trovare la falla, è questo ciò che i giornalisti fanno: costruire il consenso attraverso la propaganda.
In molti casi non se ne rendono nemmeno conto.
Tra l’altro: capisco che sia fastidioso essere interrotti quando in una conferenza stampa si intende parlare di qualcosa, come oggi è successo alla Gelmini, bloccata dal senatore dell’Idv Pedica, mi pare.
Ma che poi si lasci la sala della conferenza e si commenti sarcasticamente che «l’Idv dà prova di essere un partito democratico» è la tipica inversione di realtà: un ministro – che detiene un potere, di fare e di parlare nel momento in cui meglio crede – dice a uno che interviene in una conferenza stampa, dove si dovrebbero fare le domande (di-o-emme-a-enne-di-e), che il suo intervento è antidemocratico.
È veramente singolare.
Sono talmente abituati a non ricevere le domande che quando gliele fanno la prima cosa che viene loro in mente non è rispondere – eventualmente anche in modo duro, ma perlomeno preciso, adeguato alla domanda – ma accusare chi domanda di essere antidemocratico.
Non è per niente male.