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vomitata fuori dall’olimpo
Prima tutti pronti a stupirci che a dispetto della sua bruttezza questa donna abbia un vocino angelico e canti come un cherubino.
Prima tutti pronti a dire che «oh, ci eravamo sbagliati! L’aspetto fisico non è tutto! Cara Susan, ti chiediamo scusa: tu sei bravissima, hai tutto il nostro consenso, sei entrata nei nostri cuori».
Poi, quando – dopo una vita da sfigata – l’abbiamo messa in condizione di crederci veramente, ecco che la abbandoniamo.
Le abbiamo fatto credere che era la migliore perché faceva comodo alla costruzione della nostra favola con cui ipnotizzare spettatori e pubblico; e poi – quando lei scopre che nella migliore delle ipotesi è solamente seconda – ci stupiamo che le cedano i nervi.
Nella nostra macchina del consenso maciulliamo le storie delle persone, e poi alziamo le mani e diciamo «non c’entriamo, non è colpa nostra». tanto che gli organizzatori del programma inglese dicono adesso che sono addirittura preoccupati per la povera Susan.
Non si può scherzare con le storie della gente.
Anche quelli che sembrano reggere l’impatto – e penso ai tanti microbi dei tanti grandi fratelli o degli altri cosiddetti reality show – alla fine si schiantano contro un’immagine di sé da cui non riescono a staccarsi.
Ci credono veramente, al fatto che non sono più le merde insignificanti che credevano di essere; ci credono, al fatto che adesso sono diventati importanti.
Ma poi la gente si dimentica anche di loro, anche se sono andati in Sardegna alle feste del capo.
E altri microbi nuovi si affacciano.
Tante nuove Susan Boyle.
Che, almeno, aveva il pregio di essere – eventualmente – brutta fuori.
Gli altri fanno i conti con la loro bruttezza in segreto, perchè ce l’hanno dentro, e fuori c’hanno invece le tette e ogni altra protuberanza a posto.
Premesso che io di Susan Boyle non ho ascoltato neppure un secondo (e continuerò a non farlo) la domanda che ti pongo è: ma perché doveva vincere per forza solo perchè è brutta (diciamola la parolina, uvvia, non si può proprio guardare!)?
E ancora, non credi che se fosse stata una bella ragazza, o solo normale, perché è veramente di una bruttezza fuori dal comune, non avrebbe avuto la stessa pubblicità?
In fondo si può sfruttare la bellezza ma anche la bruttezza; pensa un attimino al signor marylin manson che ha puntato sulla sua bruttezza esagerandola ulteriormente (che sia un uomo non fa differenza visto che esiste ormai da anni l’uomo oggetto come la donna oggetto)
E poi, sinceramente, una che si fa prendere da crisi isterica perché non vince è qualcuno che, bello o brutto che sia, vuole vincere a tutti i costi.
Non so poi nemmeno che importanza abbia che non abbia vinto, visto che di lei si parla ugualmente, e di più del vincitore.
A proposito chi è ? :-))
Sì.
Dicevo un’altra cosa, però.
Che il modello che impera è il modello che vince.
Se uno sfigato ci crede, ecco che siamo pronti ad accoglierlo come uno dei nostri.
Se perde, lo eiettiamo fuori.
E se lui ci resta male perché ci ha creduto davvero è un povero reietto irrecuperabile.
Il problema non è che io abbia compassione per questa donna, o che giudichi che lei dovesse vincere, o che pensi che la bellezza o la bruttezza siano un vantaggio (nel suo caso non lo è stato: è stato solo ciò che ha consentito a quelli che fanno la trasmissione – e di conseguenza alla gente che guardava – di dire «ah, però, vedi: nonostante che sia orrenda è fantasticamente brava. Allora non è vero che i brutti sono incapaci»).
Dico solo che qualunque sia il motivo della nostra fragilità (che si esprime anche nel fatto di sentirsi insider nella competizione!), appena veniamo scoperti fragili smettiamo di essere funzionali e veniamo definitivamente estromessi.
Magari – come nel caso della Boyle – con la motivazione che siamo un po’ pazzi.