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minzolini, o del perché non sono dipietrista (un’invettiva)
Facebook e la blogosfera brulicano dell’indignazione dei giusti contro Augusto Minzolini, che ieri al tg1 ha effettivamente sostenuto tesi speciose e anche a mio parere insostenibili.
Ma c’è una cosa che mi insospettisce molto: la maschia richiesta di Di Pietro e un certo numero di altri saggi riuniti sotto le spettabili insegne di tutte le più moderne communities del virtuale.
«Licenziate Minzolini», dicono. «Va licenziato per giusta causa».
Non mi sogno nemmeno lontanamente di difendere Minzolini, ma ai duri e puri – che d’ora in avanti chiamerò «i sostanzialisti» – voglio solo fare una domanda: a chi deve rispondere, tecnicamente, Minzolini, se non all’editore?
Li sento, i sostanzialisti; li sento già: «Eh, no, cara mia: lavora alla Rai. È al servizio pubblico: deve rispondere ai cittadini!».
No. Nient’affatto.
Minzolini non deve rispondere direttamente ai cittadini come se egli ne fosse un rappresentante.
Deve rispondere all’editore, che è emanazione del Parlamento.
Se all’editore va bene che Minzolini dica e faccia ciò che dice e fa, tecnicamente nessuno può invocare il licenziamento di Minzolini «per giusta causa».
I sostanzialisti che dicono «eh, no: lui non ha dato le notizie, e dunque non ha fatto il suo dovere, e dunque deve essere cacciato perché la Rai è di tutti» ignorano – per comodo, per sciatteria o per interesse – le radici sostanziali del problema.
Sono come dei piccoli berluschini che dicono «quanto costa, qua, la baracca? La compro, è mia e ne faccio quel che voglio, e se mi va licenzio anche il Minzolini».
Nessuno, cari sostanzialisti, può licenziare un giornalista se non il suo editore.
Anche se quel giornalista – e non sto dicendo che la cosa valga per Minzolini; stavolta l’opinione che ho la tengo per me – non ha alcuna capacità professionale.
I sostanzialisti pensano davvero che, ipoteticamente fatto fuori (metafora, eh?) Minzolini, la Rai diventerebbe un posto de-berlusconizzato?
L’editore è espressione del berlusconismo, che fino a prova contraria (e per quanto a me la cosa faccia orrore) è maggioritario in questo dannato Paese; e il punto – casomai – è questo.
Non il comportamento di un direttore di tg che è stato nominato esattamente per la sua capacità di fare ciò che l’editore gli chiede di fare (altro che «giusta causa»!).
Ma noi, su Facebook, sui blog, dagli scranni che occupiamo in Parlamento come Idv, ne sappiamo una più del diavolo. Minzolini non ci piace! Via! Cacciamolo via! Non sa fare il suo lavoro!
E tutti a sentirci militanti, combattenti, giusti.
Sostanzialisti.
Noi. Quelli che rimproverano a Berlusconi di aver fatto della democrazia un guscio formale, vuoto di contenuti.
Noi ci permettiamo di fare lo stesso quando si tratta di ciò che sembra farci comodo.
Ma sì! facciamo fuori Minzolini! Chissenefrega se non abbiamo abbastanza palle per combattere una battaglia politica che della politica abbia anche le forme (e la forma, cari sostanzialisti, è molto spesso autentica e profondissima sostanza).
Ma sì! Facciamo finta che fare politica sia postare uno, dieci, ottanta o mille commentini al giorno su Facebook, costruire gruppi su gruppi per la libertà di stampa, mandare video su video della bellissima ragazza iraniana uccisa per strada!
Questo a me sembra l’equivalente politico del volontariato: andiamo a cercare qualche sfigato da aiutare e cambieremo il mondo. Il che, in politica, può diventare: andiamo a cercare un qualche nemico da combattere dal sicuro di casina nostra…
Ma sì!
È tutto così facile, bello, easy!
La politica è roba vecchia! Teatrino! Gioco delle parti! La nostra è sostanza, noi siamo bravi! Anche Obama ha vinto grazie a Internet! (Come se il fatto che il contesto all’interno del quale vincere o perdere l’avesse creato una società politica esterna al web fosse irrilevante…).
Per favore.
Prima di ringalluzzirvi e di pensare che dal vostro computerino cambierete il mondo, baldi rivoluzionari sostanzialisti, convincetevi che stando seduti sulla sedia non riuscirete a cambiare altro che lo stato della vostra scoliosi.
Su, fate lo sforzo. Toglietevi per mezz’ora la vostra piccola divisa di berluschini di pseudosinistra.
Ancora una volta, condivido in pieno.
Non sono d’accordo su diversi aspetti di quello che scrivi. Mi concentro su quello che mi sembra il punto piu’ importante. Mi sembra che in realta’ il tuo ragionamento pecchi dello stesso errore che tu imputi a Di Pietro, vale a dire la mancanza di attenzione per le “forme”, che, come tu dici, sono anche “sostanza”.
“Pluralismo” e “completezza” non sono termini a caso: sono cio’ che leggi dello stato e regolamenti aziendali richiedono ai giornalisti della Rai. Non Di Pietro: leggi e regolamenti dello stato. Chiedere il rispetto di questi elementi, e’ prima di tutto “forma”. Le leggi e i regolamenti vanno rispettati nella “forma” (che, sono d’accordo, e’ poi anche “sostanza”).
Altrettanto vale per quello che scrivi riguardo al “servizio pubblico”. Di nuovo, il richiamo all’idea di “servizio pubblico” e’ formale. Ci sono leggi e regolamenti che stabiliscono che la Rai e’ un “servizio pubblico”. Richiamare il presidente della Rai, o i giornalisti della Rai, a queste responsabilita’ e’ una azione “formale”, proprio perche’ si rifa’ alla legge ed alle forme. Chiedere al presidente della Rai, o chi ha il potere di cominciare questa procedura, il licenziamento di Minzolini, e’ un fatto formale (che io personalmente approvo in pieno).
Questo non significa non sapere che “di fatto” ed “in sostanza” la Rai non e’ un servizio pubblico, ma e’ Berlusconi che comanda. Che privati si comportano con i telegiornali Rai come se fossero testate di loro proprieta’. Che “completezza”, “pluralismo”, servizio pubblico”, sono termini senza valore, gusci vuoti. Pero’ accettare questo sistema e’ esattamente affermare che e’ la “sostanza” cio’ che conta. Significa accettare che chi ha il potere e la forza fa cio’ che vuole, nonostante leggi e regolamenti.
Ci sarebbero altre cose su cui non sono d’accordo, ma la finisco qui.