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storie di snobismo
Con il solito occhio solo e con il solito orecchio solo – essendo al lavoro, cosa che peraltro mi obbligherebbe pure ad ascoltare almeno con un orecchio e mezzo – seguo la trasmissione di Santoro sulla vicenda di papi Silvio e baby Noemi.
Una cosa mi ha colpito moltissimo; l’ho realizzata mentre parlava Barbara Palombelli, ma già mi aveva dato fastidio – sia pur senza averla rubricata, lì per lì, sotto alcuna categoria – mentre parlava l’avvocato di Berlusconi.
In estrema sintesi: i ricchi che vanno in tv e nei salotti dicono a me, e probabilmente anche ai miei 25 lettori, che la snob sono io, e non loro, che portano addosso – fo per dire – migliaia di euro di vestiti e vanno a cena da Maria Angiolillo.
E questo, solo perché è per loro completamente impossibile accettare anche la sola idea che le cose possano essere appena un po’ più complesse – no: articolate – di come le hanno decise loro.
La Palombelli diceva con la sua consueta pacatezza che insomma, e che diamine, a volere proprio essere onesti, bisogna dire che chi si scandalizza per l’ambaradan che si mosse a difesa della fiction Incantesimo che minacciava di chiudere (politici che facevano le barricate, «spettatori» comuni…) è in realtà uno snob, perché bisogna anche saper rispettare il lavoro nello spettacolo.
Come spiega la Palombelli, militare a difesa di Incantesimo è l’equivalente contemporaneo del manifestare contro la chiusura delle fabbriche, cosa che anche lei, ragazzina, faceva con gran passione politica.
E chi se ne stupiva, magari giudicando eccessivo il fervore dei politici che difendevano la soap, non è uno che cerca di capire la differenza tra – facciamo, riducendo la cosa al minimissimo – tra «politica» e «costume».
No.
È uno snob.
Ghedini, poco prima, aveva detto che le ragazze normali di questo Paese vogliono farsi un book di foto e tentare la via dello spettacolo e della politica; che non c’è niente di strano, e che chi si scandalizza è uno snob.
Bene.
Sarà anche vero che tutte vogliono il book. Ma perché è uno snob chi cerca di capire che senso abbia mescolare la politica con un corpo esposto alla libera disponibilità dei desideri altrui?
La cosa che mi ha colpito è questa, dunque.
E se la esprimo in questi altri termini è estremamente banale e perfino abbastanza rozza.
Eccola: ma è mai possibile – io mi domando – che gente che non sa più dove collocare i suoi soldi perché ne ha moltissimi; che vive vite di incontestabile privilegio; che frequenta salotti e salottini; che ha avuto occasioni professionali e di vita assolutamente proibite alla stragrande maggioranza dei comuni mortali; beh, è mai possibile che una come la Palombelli, coi suoi soldi e le sue frequentazioni, venga a dire a me – a me, lo sottolineo – che sono snob perché mi fa impressione la confusione fra politica, cosa pubblica e book fotografici di ragazzine che non sanno niente della vita, se non che possono conquistare la vetta grazie all’intercessione del potere?
Che chi detiene il potere si chiami sultano, visir, re, maestà, presidente del Consiglio, papi, papa, sindaco o come si vuole, mi è del tutto indifferente.
Ma a volte bisogna avere il coraggio di ricordarsi da che parte si sta, come in “Do The Right Thing” di Spike Lee.
E no: la snob non posso essere io, Palombelli.
La snob sei tu.
Che dal tuo scranno privilegiato pretendi di difendere il lavoro delle maestranze di Incantesimo come se veramente te ne importasse qualcosa e – più importante – come se il tuo punto di vista fosse l’unico che ha un suo valore.
Mi pare uno dei tanti esempi di inversione della realtà ai quali questi tempi ci hanno abituato.
Anche io sto seguendo lo stesso AnnoZero… E ho le tue medesime perplessità… Anzi, sono incazzatissimo, perché devo ascoltare uno come il Ghedini che pretende di far credere al popolino che Cristo morì di freddo, in quella gelidissima Primavera di Gerusalemme…!!!
Bah…
Guido
Sì, la confusione fa questa politica. E’ diversamente non potrebbe essere. Però, però nel percorso regressivo degli istinti sembra che lorsignori debbano ancora mantenere il privilegio dell’uso della forza, motivo per cui non possono esser presi facimente a clavate in testa.