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obama, la stampa e le battute
Obama è un battutista. Alla cena coi giornalisti («e con i soliti “innesti” hollywoodiani») ne ha dette di tutti i colori.
Ma con una classe ben diversa da quella del posteggiatore.
Ne cito una dal Washington Post.
«Nei miei secondi cento giorni» dice con riferimento all’insopportabile tormentone di queste settimane, «progetteremo, costruiremo e inaugureremo una biblioteca dedicata ai miei primi cento giorni. E comunque i miei secondi cento giorni saranno così intensi e proficui che ad esaurirli mi basteranno 72 giorni. Quanto al 73°, mi riposerò».
Secondo quel che ne riporta Repubblica.it (ma New York Times e Washington Post non ne fanno la minima menzione: forse i giornali americani non ne sentono il bisogno?), Obama ha anche detto: «So che sono tempi difficili per molti di voi, che ci sono grandi giornalisti che stanno perdendo il lavoro a causa delle difficoltà del settore. Sono tempi di rinnovamento tecnologico, di cambiamento. Ma tengo a dire che il vostro servizio è essenziale per la tenuta della democrazia. Voi a volte peccate di approssimazione. Ma ogni giorno ci aiutate a renderci conto della complessità del mondo in cui viviamo».
Non ha ringraziato perché i giornalisti semplificano, brutalizzano, premasticano.
Questo aspetto mi sembra quasi più importante del suo riferimento alla democrazia.
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