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margaret, la ue, l’irlanda e la stampa
Solo adesso, lasciando vagare la mente sulle implicazioni della notizia di ieri sul reato di clandestinità e sull’adottabilità immediata dei bambini nati da madre entrata clandestinamente in Italia, mi veniva in mente che Margaret, la mia padrona di casa delle mie due recenti settimane dublinesi, aveva spiegato in un modo che allora mi era sembrato singolare il risultato del loro referendum sul trattato dell’Unione europea.
Le avevo chiesto perché, secondo lei, gli irlandesi avevano deciso di bocciare il trattato, nonostante il fatto che proprio dalla Ue fosse arrivata una buona parte della ricchezza che aveva consentito all’Irlanda di vivere la stagione ruggente della cosiddetta «tigre celtica».
Lei stava masticando qualcosa che non ricordo, ma mi piace pensare fosse una patata, una delle loro buonissime patate: «Nessuno ci ha spiegato su cosa si votava», mi ha detto con aria leggera.
Lì per lì ho pensato che un piccolo sforzo per documentarsi poteva ben farlo anche la cara Margaret, e come lei i suoi connazionali.
Non so: un giro su Internet, un dibattito in tv, una trasmissione alla radio, un giro sulla Bbc.
E poi mi è venuto in mente che se i giornalisti non chiedono e non trovano risposte i cittadini non sanno.
La situazione della stampa in Irlanda – ma ne sono solo una distratta lettrice a distanza – mi sembra migliore della nostra, se non altro per l’assenza di un operatore politicamente e commercialmente dominante.
Però, forse, se i giornalisti irlandesi avessero spiegato cosa c’era scritto sul trattato di cui si chiedeva la ratifica, forse (forse, eh) quel tipo non proprio carino di Libertas, quel Declan Ganley multimiliardario antieuropeista, non avrebbe avuto gioco tanto facile nel far credere agli irlandesi che dire sì al trattato significava introdurre a viva forza nell’ordinamento irlandese il diritto all’aborto.
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