lezioni di spagnolo

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Allo stadio di Valencia si gioca una partita di calcio fra due squadre di regioni storicamente indipendentiste, la Catalogna e il Paese Basco.
Il torneo è intitolato a re Juan Carlos.
Il re è in tribuna.
Suona l’inno nazionale.
Lo stadio fischia.
La tv pubblica taglia la scena e l’audio delle contestazioni.
Nell’intervallo, la tv trasmette l’inno, ma le immagini che l’accompagnano sono quelle di tifosi – scrive il Corriere – «plaudenti».

«Il direttore generale della tv pubblica Javier Pons ha annunciato l’immediata rimozione dall’incarico del direttore della redazione sportiva Julian Reyes, e si è scusato con il pubblico, parlando di un “grave errore”».

A parte il fatto che aver comperato un paio di sandali di Prada ha certamente abbassato il rating della mia credibilità, credo di non dover aggiungere altro.
Solo questo: Reyes, forza, vieni a lavorare in Italia.

A margine di questa notizia, ho un’altra cosa da dire: scrive Pratellesi che «un mega-sondaggio condotto dall’Associated Press Managing Editors sui tre quarti dei dirigenti del mondo dell’informazione in Usa» ha rivelato che «il 70%» di essi «resta preoccupato perché i tagli al personale e alle risorse stanno riducendo la qualità dell’informazione offerta ai lettori».

Hanno perfettamente ragione: meno gente c’è a occuparsi della ricerca delle notizie, meno notizie si diffondono, meno dettagli se ne hanno.
Però qui in Italia siamo riusciti a compiere il miracolo di ridurre la qualità dell’informazione – e di parecchio – ancor prima di aver patito tagli.
Ora che i tagli arriveranno, cosa succederà?
Cosa, visto che questi tagli certamente condurranno, nel medio e nel lungo periodo (ma nei fatti è già così), al reclutamento preferenziale di manodopera (apparentemente) intellettuale a basso costo piuttosto che di figure professionalmente appassionate e competenti?

Si capisce che il titolo del pezzo di Pratellesi – «La crisi passerà, i quotidiani (se di qualità) resteranno» – si applica, eventualmente, alla realtà americana.
Qui in Italia, la qualità non ha mai fatto vivere nessuno.
Che io sappia.