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razzismo, aglio e immigrazione
Domanda: ma come fanno, da queste parti, a cenare alle sei-sei e mezzo di sera?
C’è chiaro! E’ pieno giorno!
Devo fare i compiti, adesso.
Mentre camminavo al parco, prima, mi domandavo con molta serietà perché sto facendo tutto questo. Intendo: perché sto studiando l’inglese, perché son venuta qui.
La risposta, sinceramente, è questa: non lo so.
Forse perché mi piace, ma credo che sia solo una parte della verità.
Prima o poi capirò, forse; ma mi sembra in relazione con la ricerca di un altrove, vero o virtuale ancora non so.
Sul tram, tornando qui, una ragazza stava guardando un report sull’immigrazione in Irlanda, e così ho attaccato bottone.
Viene dalla Repubblica Ceca.
Sta facendo tre mesi all’Immigrant Council irlandese, e ha pensato bene di attaccarsi sulla borsa una spilletta che rivendica alle donne la libertà di scegliere di abortire legalmente.
Report e spilletta: come potevo non chiacchierare con una così?”Come siete messi in Italia”, mi ha chiesto a un certo punto della chiacchierata, “con i Rom?”.
A me son venuti in mente il rapporto Hammarberg, la cosa delle impronte digitali… Gliel’ho raccontato.
“Anche da noi”, mi ha detto lei, “ci sono problemi analoghi”.
Non finirà mai? Lo cercheremo sempre, il nostro capro espiatorio?
Nella mia classe mattutina c’è una ragazza tutta ricoperta di nero, dalla testa ai piedi. Si vedono solo gli occhi, bistrati di nero anch’essi.
Che uso farà, mi domandavo da perfetta benpensante occidentale, del suo fantastico inglese?
Non so rispondermi.
Lo fa per sperare in una vita diversa?
O di una vita diversa non le interessa niente, e l’inglese è per fare qualcosa di perfettamente compatibile con il suo manto nero? E perché tutto quel nero mi ha fatto così paura?
Adesso so di aglio anch’io, comunque.
No, non è contagio.
E’ che Margaret ha messo un paio d’etti di aglio da qualche parte nella mia cena.
Se dovessi dire dove, non saprei.
E se dovessi dire esattamente in cosa la cena consisteva, sarei ugualmente nei pasticci.
Però era abbastanza saporita.
La cena, dico.
Non Margaret.
A proposito. Sono le otto e un quarto e c’è ancora il sole.
Qui ai Tropici è così.
Ti leggo per la prima volta, mi piace assai quel che affermi e come lo scrivi. Tornerò
Grazie
clelia
Grazie, Clelia.
Che carina