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gabriella, un gigante del diritto
Gabriella Carlucci è una grandissima, una titana, un’enorme.
Io adoro questa donna.
«La posizione della Consulta sulla legge 40», dice questa ragazza adorabile, «è in dissonanza con quanto deciso dal Parlamento e con il sentimento popolare più diffuso».
Ora.
Le ho contate. Le parole sono 22, e dentro riescono a starci – perfettamente a loro agio, va detto – ben due cazzate.
Giganti.
Io le voglio anche bene, di cuore. Ma le cazzate restano giganti.
L’argomento secondo cui le sentenze (di qualunque magistrato) devono essere in sintonia «con il sentimento popolare più diffuso» è delirante non meno che eversivo: chi misura la diffusione del cosiddetto sentimento popolare? Un istituto demoscopico che fa rilevazioni periodiche (non so: ogni sei giorni, per dire) degli umori della plebe?
E come si può sostenere che le sentenze debbano attenersi a ciò che quest’ipotetico popolo (della libertà?) sente?
Sono forse, i magistrati di ogni ordine e grado, delegati del cosiddetto popolo, del quale devono rendersi interpreti?
Ma non dovevano essere – eventualmente – interpreti della legge?
Ho letto il manuale sbagliato di diritto costituzionale, o Gabriella ha fatto confusione?
La seconda cazzata è ancora peggiore, se possibile, e denuncia un inaccettabile disprezzo per la separazione dei poteri, per l’abc delle istituzioni; un populismo becero che se devo dirla proprio tutta non fa un bel pendant con una bionda, ancorché tinta.
La Corte costituzionale, dice la Carlucci, è «in dissonanza con quanto deciso dal Parlamento».
Ecco.
Che cosa può mai trovare di strano, questa benedetta ragazza, nel fatto che un organo costituzionalmente deputato a stabilire quali fra le leggi votate dal Parlamento siano eventualmente contrarie alla Costituzione stabilisca effettivamente se una legge è incostituzionale?
Come può, la Corte costituzionale, non essere in dissonanza con il Parlamento, se la legge che un giudice a quo l’ha chiamata ad esaminare è – a suo giudizio – effettivamente incostituzionale?
Se la Carlucci, cara, ritiene che la Corte costituzionale debba necessariamente essere in consonanza con ciò che decide il Parlamento, mi vorrebbe gentilmente dire la costituzionalità di cosa dovrebbe essere chiamata a valutare?
Non so, la butto lì: la costituzionalità del fondo tinta Matt Touch compact Long Lasting SPF 20 di Yves Saint Laurent? (Io uso Estee Lauder, e dunque pendo per l’incostituzionalità di YSL…)
Del sandalo Kakona (giuro) dell’ultima collezione di Manolo Blahnik, una robina vagamente sado-maso difficilissima da abbinare ai piedi?
Debbo dire che l’illogicità delle parole di Gabriella Carlucci, nella rete si trovano le sue perfomance quando si permise di parlare di fisica per gettar discredito rispetto al professor Luciano Maiani indicato quale Presidente del CNR nonostante avesse firmato l’appello di solidarietà ai docenti de La Sapienza un attimo sconvolti per la possibile lezione magistrale di Ratzinger, segnano una preoccupazione che già mi aveva invaso all’arrivo della sentenza.
Del resto si è visto il tutto all’opera nella vicenda di Eluana Englaro e delle spallatine date dal governo all’equilibrio dei poteri (la storia del decreto contro una sentenza della magistratura – ma in fondo non è andata così diversamente agli arbori del monopolio della televisione privata) e delle prassi istituzionali.
Ecco io ho pensato ciò. Lorsignori assai lontani da interessarsi al corpo delle donne se non come scudo “umano” nella contesa politica avrebbero sfruttato l’occasione per rimettere in discussione Montesquieu. Fortunatamente si son limitati ad usare la Carlucci, la spallatina sembra quindi leggera leggera.
NOn ho molto da aggiungere al tuo post, se non ricordare alla Carlucci di mezzo, (nel senso che è la seconda di tre sorelle) che si è svolto anche un referendum sulla 40.
E non è stato vinto dai NO, ma hanno prevalso le astensioni, che sono state usate dalla CEI e dal centro destra come tattica (vincente, ahinoi) per sabotare l’esito del refendum, che se si fosse superata la soglia fatidica del 50% li avrebbe visti perdenti (altrimenti perché non invitare a votare NO?)
Quindi il “sentimento prevalente” della “ggente” come dicono loro, anzi Loro, è contrario alla legge 40.
Quindi il suo ragionamento è errato, come hai brillarentemente dimostrato, ma si basa pure su una premessa falsa.
Quindi sono 3 cazzate non due, inuna frase.
Sono sicuro che può fare pure meglio, se si impegna.
Ne sono sicura anch’io.
Con la sua brillantezza ci stupirà ancora, e ancora, e ancora.
del resto l’hanno fatta eleggere per quello.
Sì, è proprio così.
Ma io mi domando perché l’Ansa, a cui queste note deliranti vengono fatte pervenire, non faccia argine.
Non c’è uno straccetto di caporedattore che dice “ma porca zozza, questa qui sta dicendo un cofano di stupidaggini: non posso mandare in circuito questa roba”…
Si vede che la mia professione è diventata sempre più difficile. Che i sistemi di persuasione – come potrei definirli, s enon così? – funzionano perfettamente.
Non penso si tratti di sistemi di persuasione. Per lo meno non si tratta di metodi di persuasione classici. Se veramente si dovessero bloccare tutte le s…..ate dall’andare in circuito ci sarebbe un assordante silenzio. L’informazione vera non la si vuole fare arrivare, allora bisogna mandare in onda il circo. Si manda in onda il carlucci-gelmini-brunetta-gasparri-carfagna-schifani-sacconi…; all’opposizione si lascia lo spazio di replica di queste sonore minc…te così c’è pure la scusa che si è pluralisti. Nessuna delle 3 televisioni controllate dal governo, delle 3 personali, dell’unica privata ma di amici, dei quotidiani a diffusione nazionale che dipendono dalla pubblicità gentilmente concessa dal sire si azzarda a raccontare qualcosa di diverso. Avrebbero troppo da perdere. I pochi programmi fuori coro hanno libertà vigilata e diritto di esistenza unicamente per dimostrare parvenza di democrazia. E’ davvero dura dover pensare a Murdoch come faro di libertà d’informazione.
Io, Andrea, le situazioni che conducono a questo tipo di informazione (per dir così) le vedo dal di dentro.
C’è un misto di viltà – ah, quanta: non se ne può avere idea – di opportunismo, di servilismo, di autocensura, di incapacità critica, di stupidità, di furbizia, di arroganza, di protervia così ENORME che se sei fortunato – ripeto: se sei for-tu-na-to – ti ritrovi a sbattere contro un muri di gomma e di silenzi.
Non sai quanti ci rimettono la serenità e la salute.
E non sai quanto poco gliene importi a chi è responsabile di quella perdita di salute!
Anzi: poi finisce che la gente passa per essere fragilina di suo, e non – al contrario – vittima di insolenze insopportabili (quando va bene, anche qui), o di vere violenze professionali.
Sarebbe molto bello che qualcuno facesse un’indagine epidemiologica della morbilità all’interno dei giornali italiani: si scoprirebbero cose di cui nemmeno si ha idea.
Non l’asbestosi, certo. Non dimentico che la mia è una categoria comunque ancora privlegiata, nonostante tutto.
Ma tanto per dire: hai un’idea dei suicidi e dei tentati suicidi dei miei colleghi?
No, non ce l’ha nessuno.
Sono notizie che non si danno, queste.
Anche noi veniamo a saperle di straforo.
Posso solo cercare di immaginare, e di non fare di tutte le erbe un fascio.
A te grazie di fare tutto quello che puoi. Un grazie che vale anche per i tanti altri tra i tuoi colleghi che devono mandare giù in silenzio.
… e senza che nessuno li protegga.
Né le rappresentanze sindacali interne, a volte – consapevolmente o per insufficienza cerebrale, chissà – colluse con le aziende, né il sindacato in se stesso, né i colleghi, né i superiori, né i lettori.
Dice Travaglio che siamo una professione in via di estinzione.
Ha ragione.
Di noi non c’è bisogno.
Perché, per esempio, nessuno dei maggiori quotidiani ha fatto «tradurre» il labiale della Merkel, stamattina?
Sarebbe stato interessante, ma non l’ho letto da nessuna parte.
Nel video della cosa del festival del giornalismo – un’iniziativa che mi irrita a dismisura, per la presenza dei sempiterni soliti noti, quelli che (poche eccezioni a parte) vivono nell’empireo dei «vendibili/commerciabili» per ragioni di equilibri politici – Travaglio mi ha fatto venire in mente la conferenza stampa patetica di fine anno di Berlusconi.
Lì un giornalista di non mi ricordo più quale testate – ma poteva essere l’Unità e il Tg3 – gli ha fatto una domanda cazzuta, e lui l’ha apostrofato con un qualche aggettivo dei suoi (fazioso? comunista? criminoso? Boh, non mi ricordo).
Ero al giornale.
Ricordo benissimo di essermi aspettata che il successivo interlocutore al quale il presidente dell’ordine dei giornalisti Del Boca ha dato la parola ripetesse paro paro la domanda a cui la lattina di cocacola s’era sottratta.
E invece niente.
Una domandina compiacente.
C’era semplicemente da alzarsi e andarsene tutti, lì.
Non se n’è andato nessuno.
Servi, siamo (no, non tutti).
Senza coraggio.
Senza palle.
Sempre spaventati che se facciamo le cose come si deve poi qualcuno si può incazzare.
E questi servi qui son quelli che massacrano una professione che avrebbe un suo bel senso democratico, le motivazioni (e le carriere) dei colleghi, e l’intelligenza dei lettori.
In compenso, ingrassano i proprietari dei loro giornali, lubrificano le loro miserevoli carriere e portano in auge politici di pessima qualità.
Se mi misuro la bilirubina adesso mi sa che è abbondantemente sopra i limiti…
😉