battisti, i cristiani e la politica

cesare_battisti_numero_uno1Il pezzo che leggo su Repubblica.it a proposito della lettera che ai brasiliani (e non ai cristiani italiani) ha scritto Cesare Battisti – verso il quale devo confessare un preconcetto negativo completamente privo di qualunque ragione razionalmente sostenibile, e me ne scuso veramente perché mi dispiace e mi vergogno di averlo – mi desta qualche perplessità.

A prescindere dalla scelta di considerare centrale – su questo è stato costruito il titolo – la faccenda del «perdono cristiano» (che a me sembra un riferimento pertinente, sebbene situato a mezzo fra il provocatorio e il parossistico, a un tipo di cristianesimo che qualificava l’ambiente politico italiano secondo contrassegni assai diversi dal cattolicesimo attuale), vorrei dire che la frase finale del pezzo mi sembra assolutamente sorprendente.

«Mentre il Tribunale Supremo», leggo, «sembra alla vigilia di dichiarare illegittimo l’asilo perché considera che i delitti di Battisti sono “omicidi comuni”, lui dipinge a suo modo la Storia d’Italia, dimentica che per l’estradizione s’è impegnato il presidente Napolitano e che in Parlamento c’è una mozione firmata da tutti i gruppi politici, ed accusa gli ex missini di essere i registi della campagna contro di lui. Insomma», ed ecco la frase finale che mi sorprende, «la butta in politica».

Buttarla in politica a me non sembra, con tutto il rispetto, un’operazione sporca, checché ne possa pensare il tribunale supremo brasiliano, con o senza maiuscole, l’intero governo italiano o il presidente della Repubblica.
Bisognerebbe capire che c’è una qualche differenza – perlomeno storica, contestuale – fra un omicidio comune e un omicidio politico.
E una questione vecchia, lo so.
E non intendo ovviamente dire che il secondo tipo di omicidio sia meno grave.
Mi piacerebbe soltanto che qualcuno pensasse alla storia (esse minuscola) di questo Paese con la consapevolezza che di mezzo c’è stata la politica.

Bello o brutto che sia, insomma, è di sicuro «normale» che Battisti «la butti in politica».