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se io fossi quel bambino odierei la polizia
AGENTI SALVANO BIMBO DA ELEMOSINA, AGGREDITI DA ROMENI
(ANSA) – NAPOLI, 29 GEN – A dieci anni, poco vestito, chiedeva l’elemosina in strada e quando gli agenti dell’ufficio minori della Polizia municipale sono intervenuti facendo salire in auto il piccolo e sua madre, un gruppo di persone, di nazionalità romena, li hanno accerchiati e li hanno presi a calci e pugni. È accaduto a Napoli, in piazza Capodichino. Gli agenti con molta difficoltà sono riusciti a raggiungere i locali dell’ufficio minori dove la donna non esibito alcun documento idoneo alla propria identificazione e a quella del minore. I fermati sono stati trasferiti al Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica della Questura di Napoli. In considerazione del fatto che la donna non è stata in grado di dimostrare l’effettiva potestà sul minore, il piccolo è stato affidato ad un centro di prima accoglienza. La donna è stata denunciata in stato di libertà per sfruttamento di minore in accattonaggio.
Lo salvano dall’elemosina.
E per non sapere né leggere né scrivere non è che lo fanno stare con questa donna – che forse è pur sempre sua madre – fino a quando le analisi non abbiano dimostrato se la parentela esiste oppure no.
No.
Per non sapere né leggere né scrivere lo portano in un istituto.
Là dove di certo qualcuno lo ama, ovvio.
Ben più di quella donna che fa solo quello che fanno le donne come lei coi loro figli: portarseli dietro quando – per dire – «vanno a lavorare».
Era poco vestito, piccolo.
Ma una coperta, magari, no?
Ah.
Il solito spreco immondo di maiuscole.
Deferenza.
federica, perdonami se dissento (ma ciò non vuol dire che la mia opinione sia vangelo; anzi, sono aperto a discussioni e soprattutto ascolterei volentieri il perchè del tuo punto di vista), ma una madre – di qualsiasi etnia e cultura – non dovrebbe avere a cuore innanzitutto la cura del proprio pargolo? non mi sembra si possa paragonare quella situazione a tante altre in cui le madri portano (che so, ad esempio) i propri figli in ufficio perchè quella mattina uscivano da scuola alle 11… non dimentichiamo inoltre che, talvolta, sono proprio le donne rom a vendere i loro figli. e questo, scusami, non mi sembra affatto un atteggiamento molto materno. ripeto, forse vedo questo argomento con i paraocchi della mia educazione e/o della mia cultura: vorrei sapere il perchè della tua opinione.
un abbraccio, grazie
La cosa drammatica e’ che forse queste persone sono anche in buona fede. Nel senso che davvero pensano di fare il bene di questi bambini, togliendoli dal loro ambiente. Pensano, come dice il titolo del post, di “salvarli”, come in America o in Australia pensavano di “salvare” i bambini dai loro genitori “selvaggi”, strappandoli alle loro famiglie nelle riserve. Che e’ poi l’incapacita’ a comprendere culture e modi di vita diversi dalla norma, dai propri.
Non so, Aldo, quante madri rom tu conosca che vendono i loro figli.
Io nemmeno una.
Ma anche se ne conoscessi mille, o duemila, o sei milioni, non per questo mi sentirei autorizzata a dire che le madri rom sono snaturate in se stesse.
Inoltre.
Se quello è il modo di vivere della coppia madre-bambino rom, io non vedo assolutamente niente di strano nel fatto che madre e figlio, parlandosi, stando insieme, guardandosi negli occhi, sviluppando una loro relazione proprio come noi madri normali e benvestite con i nostri figli normali e benvestiti, stiano seduti per la strada. Al massimo mi fa effetto che non abbiano una seggiolina.
Tutt’al più.
Ha ragione Kalle, secondo me.
Bisogna accettare le culture degli altri.
Non possiamo continuare a pensare che la nostra sia l’unica possibile, l’unica valida.
Noi non siamo la misura del mondo.
E al mondo ci sono un casino di modi diversi di vivere.
Io, per esempio, salverei i bambini dai genitori che il sabato pomeriggio li portano ai centri commerciali.
Ma il fatto che a me non sia consentito invocare la forza pubblica per portare uno di questi bambini via da questi genitori idioti dipende (oltre che dal fatto che non lo farei mai comunque) dal fatto che la cultura dominante è quella che – mio dio – non trova niente di strano che un bambino pieno di energia passi il suo sabato pomeriggio sotto le luci artificiali,a respirare aria viziata, a vivere un modello di consumi insostenibile, a pensare che per non ascoltare il rumore del proprio cuore si può sempre stordirsi con le luci e con i rumori e con gli odori dei mega-maxi-super centri commerciali.
Io non so.
Ma in un bambino che sta con la madre a mendicare non riesco assolutamente a vedere niente di male.
Se il problema è che c’è freddo, vestiamoli di più, diamo loro un cappottino, invece di un posto in istituto.
Se il problema è che non vogliamo che mendichino, beh, questi son cazzi nostri, p’erché se a loro piace mendicare devono poterlo fare liberamente.
Tanto più che non danno fastidio a nessuno.
E anche qui.
Se anche trecento mamme rom dessero effettivamente fastidio a noi nornmali e rispettabili cittadini, beh, neanche allora io penserei a loro come a un problema di ordine pubblico, o – dio me ne scampi – di decoro urbano.
Quanto ai bambini in età di scuola, che si provi a farli andare a scuola.
E possibilmente, magari, senza trattarli come se fossero delle merde.
Ma ai tuoi figli chi gli ha dato i vestiti ed un cappottino?
Babbo Natale non credo!
Se vogliono sfruttare la pietà che suscita un bambino poco vestito per mettere su qualche altra moneta, vadano a farlo a casa loro! Lontano dai miei occhi!
Ah dimenticavo, perchè non porti tuoi figlio ad un semaforo al freddo o sotto il sole a respirare quel megnifico smog che sicuramente gli fa di gran lunga meglio dell’aria viziata dei centri commerciali! Può essere che se lo svesti abbastanza oltre a tirar su una bella sommetta ti regalino pure qualche cappottino!
Frà, se i tuoi occhi non vogliono vedere immagini che impietosiscono il tuo cuore, questo è un problema del tuo cuore. Non di chi mendica.
Quanto a mio figlio, lo porto dove voglio io.
Parla dei tuoi figli, se ne hai, e non sognarti mai più di parlare del mio.
Infine: qui dentro razzisti non ne entrano.
Perciò, questo è l’ultimo commento tuo che passerà di qui.
Ah. Conoscerti non è stato un piacere.