pedofilia a verona, la difesa del vescovo

Scrive l’Espresso che 67 persone raccontano di essere state oggetto di violenza sessuale per anni in un istituto per sordomuti gestito da religiosi a Verona.

Copio ciò che ho letto della nota del vescovo in risposta.
Mi è sembrata meravigliosa.
Lui non sapeva.
Cioè, no: sapeva.
Però sapeva un po’.
E veramente, in realtà volevano ricattarlo.
E poi comunque (per puro amore di completezza, e non certo per rovesciare una valanga di m**** addosso a chi ha denunciato queste cose), va detto che quell’associazione che adesso parla ce l’ha con noi per una causa civile che è in corso.

Ecco qui.

Monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, «apprende con profonda sofferenza le notizie riportate da un settimanale nazionale, in cui si denunciano presunte violenze sessuali, nei confronti di ragazze e ragazzi sordomuti, da parte di sacerdoti e fratelli della Congregazione Compagnia di Maria per l’educazione dei sordomuti Antonio Provolo di Verona, a partire dagli anni ’50 e protrattesi, a dire dei denuncianti, per circa trent’anni».
(…)
«Rammarica peraltro», prosegue la nota, «che un numero così consistente di persone, sedicenti abusate, intervenga solo a distanza di così tanto tempo, impedendo di fatto alla giustizia penale e a quella ecclesiastica di intervenire, sanzionando eventuali colpevoli ed evitando il ripetersi di fatti criminosi. Così come stupisce che tutti i denuncianti appartengano all’Associazione “Sordi Antonio Provolo” senza che si abbiano riscontri analoghi da parti di altri sordomuti, appartenenti alle altre Associazioni che hanno frequentato l’Istituto negli stessi anni presi in considerazione».
(…)
Il vescovo ricorda inoltre «di aver incontrato l’Asssociazione “Sordi Antonio Provolo” qualche mese dopo l’arrivo a Verona, avvenuto il 30 giugno 2007. Alla presenza di testimoni il Presidente dell’Associazione “Sordi Antonio Provolo”, Giorgio Dalla Bernardina, faceva presente che “… se l’Istituto non avesse risolto il problema della loro allocazione all’interno della sede dell’Istituto stesso… e se non avessero sbloccato l’utilizzo della tenuta I Cervi in S. Zeno di Montagna, avrebbero provveduto a rendere pubblici episodi di pedofilia accaduti all’interno dell’Istituto”».
(…)
«In attesa di ulteriori sviluppi, il vescovo si riserva ogni azione nelle sedi opportune, a tutela del proprio decoro e del decoro della Chiesa veronese così come della verità dei fatti, nei confronti di istituzioni, persone o mezzi di informazione, per quanto risultasse falso o infondato». Ma c’è di più: «Per doverosa precisazione, si informa che tra la Congregazione Compagnia di Maria per l’Educazione dei Sordomuti, Antonio Provolo e l’Associazione Sordi Antonio Provolo è in atto, da qualche anno, un contenzioso davanti al Tribunale di Verona per richieste a titolo amministrativo, che si è risolto con uno sfratto giudiziario esecutivo a partire dal 28 febbraio prossimo, nei confronti dell’Associazione stessa».

Dunque, ricapitolando.

i ricattatori

1. Il vescovo dice di avere appreso dai giornali ciò che invece poche righe più sotto dice essergli già stato precedentemente detto in una riunione, ancorché – esprit de finesse – allo scopo di ricattarlo.

i presunti

2. Le persone denunciano «presunti abusi».
No, signor vescovo: loro denunciano abusi senza aggettivi. Non perché loro abbiano ragione o dicano la verità: potrebbero benissimo mentire, ma ugualmente questo non farebbe la differenza.
Quando io vado a denunciare qualcosa, non denuncio qualcosa di «presunto».
Io denuncio qualcosa che per me è vero.
Ma per il vescovo loro mentono sapendo di mentire. Perché è questo ciò che significa «presunte violenze». A meno che non intendesse dire che ciò che per loro era violenza per i preti era affetto; una cosa come «presunta violenza ma effettivo affetto».

Comunque, è il denunciato, eventualmente, ad essere il «presunto autore» di quella cosa; non la cosa, ad essere «presunta».
Ma quando c’è da screditare le persone soccorrono tutti i mezzi dialettici.

67 son pochi. no, veramente forse sono troppi

3. Nessun altro ha mai detto «ehi, gente: là ci violentavano». L’ha detto solo la gente di quell’associazione con cui c’è un contenzioso!
Può benissimo essere che in quell’istituto nessuno sia mai stato violentato, ma francamente sostenere che 67 denunce siano troppo poche, perchè nessun altro ha mai detto niente, è un’argomentazione ridicola e offensiva.
Tra l’altro, viene anche detto che «stupisce che un numero così consistente di persone» dica queste cose solo ora.
Ma allora: per essere credibili agli occhi del vescovo, 67 sono pochi o troppi?

gli «ulteriori sviluppi»

4. «In attesa di ulteriori sviluppi», si dice.
Quali, se proprio la nota dice che la tardività della denuncia ha impedito «di fatto alla giustizia penale e a quella ecclesiastica di intervenire»?
Quali sono gli ulteriori sviluppi che è lecito aspettarsi?

i mezzi d’informazione? meglio che tacciano

5. «Il vescovo si riserva ogni azione nelle sedi opportune, a tutela del proprio decoro e del decoro della Chiesa veronese così come della verità dei fatti, nei confronti di istituzioni, persone o mezzi di informazione, per quanto risultasse falso o infondato».
Mezzi di informazione, dice.
Il tasto è delicato.
Cos’avrebbe dovuto fare, secondo il signor Zenti, un giornale che avesse appreso di questa vicenda?
Tacere?
Tenerla per sé, come forse qualche mio collega in giro per i giornali potrebbe pensare di voler fare, soprattutto se qualcuno gli fa notare che a volte la – come dire – «cautela» premia?
O forse chi fa il giornalista è tenuto a dare una notizia come questa – e come mille altre, se è per questo – dando sempre all’altra parte la possibilità di discolparsi, cioè proprio come la fatto l’Espresso, che ha parlato con la Curia?

Postilla mignon, solo per sottolineare che questa storia è stata sintetizzata da qualche parte con la parola «veleni».
Eh già.
Veleni.
Niente di lineare può mai essere alla base di quelle denunce.
Solo un deliberato intento di avvelenare le limpide fonti dell’acqua cristallina può aver indotto a denunciare.
Veleni.
Può benissimo non essere vera – lo ripeto per la terza volta – la denuncia dei 67; ma non c’è nessun bisogno di parlare di veleni.
Nessun bisogno di comportarsi come in un caso di lesa maestà.
Lasciamo parlare i sacerdoti accusati, invece.
Mettiamoli in condizione di potersi discolpare, anche protetti dall’anonimato.
Il silenzio non è bello: è irrispettoso, è insultante.

Aggiornamento.
Invito a leggere queste parole.
Ne vale la pena.
Veramente.