io non sopporto l’ortodossia

Due cose veloci.
La prima è che Gianantonio Stella non si smentisce mai: di fronte alla complessità delle cose relative alla guerra fra Israele e Palestina, piuttosto che spiegarle (o anche tacere), decide di muovere le dita sulla tastiera per dire che – attenzione – c’è anche un antisemitismo di sinistra.
Ah che uomo ardito.
Ah che coraggioso.
Ah che bei baffi sexy.


Cosa si può dire di un giornalista che scrivendo cose simili non riesce a capire (o forse capisce benissimo, e gli va benone) la responsabilità che si assume per il semplice e solo fatto che dicendole sta facendo il gioco di una cultura maggioritaria del «tanto al chilo» che dà alla sinistra la colpa di qualsiasi cosa, dalla precessione degli equinozi alla crisi finanziaria?

Se devo pensare a un esempio, potrei dire che si comporta – faccio per dire – come un’Annunziata che decidesse di alzarsi e di andar via dalla trasmissione – faccio per dire – di un Santoro, dando poi a Berlusconi, a Fini, a Gasparri e a tanti altri la possibilità di picchiare ancora duro sulla vulgata che Santoro è fazioso, indecente, vergognoso, bastardo, stronzo, nazista…
E quel che è peggio, dando indirettamente la possibilità di togliere di mezzo non solo Santoro, ma anche di organizzare un bel repulisti collettivo in un’unica volta.

Mi viene in mente il fastidio che mi è venuto quando Sabina Guzzanti ha invitato attraverso il suo blog le persone – attenzione – «a dire sempre la verità».
Ora, a parte il fatto che la verità è una cosa estremamente complicata da maneggiare; c’è che chi dovesse sempre dire la verità potrebbe quasi essere accusato di avere un problema di rilevanza psichiatrica, se non altro per il fatto di non riuscire a capire che a seconda dei contesti le cose che si dicono devono essere modificate; sia pure rimanendo noi il più possibile fedeli a ciò che effettivamente pensiamo.

La seconda cosa che vorrei dire si lega al mio post di ieri su Amanda Knox.
A proposito delle telefonate del boss Setola, che dopo un omicidio propone di andare a bere un caffè, scrive oggi Roberto Saviano sulla Repubblica che «le parole usate dai killer hanno un sapore irriproducibile e superano ogni immaginazione. Sono colme di un’aberrazione che spaventa perché inserita nei tempi e nei gesti quotidiani. Si uccide tra un caffè e una guantiera di dolci, si parla di sparare in faccia come si commenta una partita».

Sì.
Esattamente così.
Proprio proprio così.
Però: che cosa ca*** c’è di strano?
Che razza di ipotesi alternativa c’è?
Non so: un omicida di camorra che prima uccide e poi piange piange piange piange per giorni e settimane e mesi e rinuncia per sempre a bere il caffè per autopunirsi?
Bah.
A me questa roba sembra ortodossia sentimentalistica da benpensanti di medio calibro a tinte pastello.

Sì: sono perfida.
Ma onestamente: la gente pompata mi è insopportabile.
Chiedo scusa.