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un privato cittadino diventato imperatore
«Chell, é ‘na manèr s’ha dda muri’».
Mia nonna diceva che, in fondo, in qualche modo s’ha pur da morire tutti quanti.
Ma mia nonna non era presidente del consiglio, e le sue responsabilità se le assumeva tutte.
E soprattutto, non aveva la faccia tosta che le avrebbe consentito di dire ai genitori di Vito Scafidi, 17 anni, morto al liceo Darwin di Torino, una cosa come «non pensate di potervela prendere con qualcuno, è stata la ria sorte».
Poteva accadere anche in un’abitazione, dice Berlusconi.
Come se questo significasse che nel caso di un crollo in un’abitazione nessuno ha mai colpa.
Quest’uomo è «privato» dentro, proprio.
Privatistico e commerciale.
Non riesce ad accettare neanche la più lontana ipotesi di responsabilità; di istituzione.
Di responsabilità istituzionale.
Gli mancano software e hardware per concepire qualunque parvenza di piano collettivo, comunitario.
Politico, in una parola.
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