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l’intollerabile razza padrona
Sull’uscita volgare di Brunetta sulla sinistra – un’uscita degna di una chiacchierata all’osteria tra un rutto e l’altro, coi denti pieni di pezzi di salame all’aglio – consiglio la lettura di Berselli, su Repubblica.
Di mio, all’idea di Berselli che
«non è mai uno spettacolo gradevole quando il governo getta discredito sull’opposizione; e la sensazione peggiora se gli attacchi sono incartati nella solita unzione ideologica, con cui Brunetta spiega che la vera sinistra è lui, “socialista in Forza Italia”, e che quindi l’esistenza dei fannulloni a sinistra lo addolora personalmente»,
aggiungerei che mi sembra completamente intollerabile e vergognoso – mi dispiace scomodare aggettivi di cui già Berlusconi insensatamente abusa, lui con quei capelli così improbabili da essere in linea teorica capaci di privarlo di qualunque credibilità di statista (perchè uno statista che si preoccupa di tingersi e di moltiplicare i capelli a quel modo dimostra una fatuità che tragicamente lo colloca in categorie sociologico-politiche diverse da quelle a cui appartengono gli statisti, anche quelli più pop e modernisti) – far credere alle persone che problemi complessi come l’inefficienza della pubblica amministrazione o del pubblico impiego siano risolvibili con alzate d’ingegno populiste nelle quali l’unica cosa che conta è la riduzione in schiavitù dei lavoratori e dei loro sindacati meno riducibili all’omologazione (e non, magari, con la capacità di rimotivare le persone, di metterle in condizione di poter lavorare, e anche – al limite – con la consapevolezza che al mondo ci sarà sempre una certa quota di persone che non lavora proprio volentieri, e che queste persone non possono essere uccise ma da qualche parte devono pur essere messe in condizione di guadagnare i soldi per mantenersi e non gravare integralmente sulle casse dello Stato).
Una parola sulla questione dell’inefficienza.
Fino ad ora – ed è esattamente ciò che la gente come Berlusconi e i suoi opachi profeti boriosi vogliono cambiare, fiutando grandi margini di «modernizzazione» – per esempio, la sanità pubblica è il luogo al quale chiunque dotato di media intelligenza si rivolge per risolvere un problema di salute che coinvolga minimamente la necessità di un’esperienza seria del personale medico a cui affidarsi.
È vero che ci sono – chiamiamole con il nome che piace tanto agli squadristi – «sacche di inefficienza»; ma è anche vero che delle sacche di inefficienza del privato nessuno mai si occupa, sulla scorta dell’argomento che non le paga il contribuente.
Come se scontare le inefficienze di qualunque struttura privata – dalla fabbrica in cui si lavora all’officina in cui si porta l’auto a riparare – non fosse, invece, qualcosa che i cittadini comunque pagano. Collettivamente, e non solo individualmente.
E poi, un’altra cosa.
Io sono sicura che Brunetta e i brunettidi di tutte le latitudini e di tutti i settori operativi (se operativi è una parola che nel contesto ha senso) – compresa la Gelmini, che della categoria fa senz’altro onorevolmente parte – non possono assolutamente credere veramente a ciò a cui dicono di credere: fosse la favola che «i fannulloni stanno a sinistra» (buona a recuperar voti fra tipi come quello che nel servizio dell’ultimo numero di Annozero rimproverava non mi ricordo più quali manifestanti con l’argomento che lui sì che aveva il diritto di vivere, lui che lavora ventiquattr’ore al giorno: come se suicidarsi fosse un modo commendevole per vivere), fosse la favola che bisogna farla finita con l’egualitarismo.
Vorrei incidentalmente dire tra l’altro che se la scuola non fosse stata tendenzialmente egualitarista (che sarebbe il contrario di «classista»; non di «meritocratico»), col cavolo che persone come la Gelmini e Brunetta si sarebbero mai potuti permettere il lusso di laurearsi.
Il fatto che adesso si sentano finalmente parte della razza padrona non giustifica la loro memoria corta.
Comunque, se questa gente pensa davvero che la realtà si possa anche solo lontanamente comprendere – e non dirò spiegare o modificare: ma solo «comprendere» – con le categorie elementari, brutali, violente e semplificate che le loro parole esprimono e ripetono come ritornelli pubblicitari, beh, se ci credono veramente, allora la situazione è infinitamente più grave di quel che sembra.
Che attacchino i sindacati, la sinistra, gli studenti, i professori universitari (i baroni! Loro hanno scoperto l’esistenza dei baroni!), le madri, i padri, i figli, gli spazzini, i piloti, le maestre, i maestri, i bambini, gli handicappati, i lavoratori, i microbi, i virus, le fibre sintetiche.
Che attacchino tutti.
Che facciano terra bruciata di tutto.
E poi?
Quando avranno ridotto i lavoratori in schiavitù, quando loro saranno diventati sovrani, ricchissimi, pieni di piscine finto caraibiche, proprietari di settantatré orologi da collezione a testa, o addirittura padroni del mondo, quando avranno ripristinato il feudalesimo, quando avranno fatto delle donne un segmento di popolazione residuale e secondario a meno che non diventino puttane o maschi travestiti, quando avranno reso i bambini dei bastardi rivendicativi privi di ogni sole, beh, questi ce l’hanno una vaga idea che comunque moriranno come tutti?
L’immagine arriva da qui.
Si ma poi saranno sepolti nei mausolei satelleti a debita distanza da quello del capo in relazione al loro rango. E chissà che non avranno vermi speciali per decomporre le loro carni? Lorsignori sapranno distinguersi anche da morti.
Comunque Brunetta che offende il prossimo è orripilante. E non capisco mai perchè nessuno abbia insegnato loro un po’ di vergogna.
Ciao!
Per chi se la fosse persa, c’è un’inchiesta interessante ricca di documenti che indaga sulle tante magagne di questo novello Napoleone, di questo piccolo Minosse che si arroga il diritto di condannare questa o quella categoria a seconda della sua convenienza politica:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Il-furbetto-Brunetta-esterna-e-la-scena-e-ancora-sua/2049551&ref=hpstr2
A latere, vorrei fare due annotazioni.
L’accusa infamante è “essere fannulloni”. Siamo all’apogeo della cultura produttiva ed accumulatoria. Come dici anche tu, non importa più cosa siamo, come siamo, cosa abbiamo da dire, da fare, in quaklsiasi campo, ma quanto produciamo.
“Meritocrazia”: ammesso e non concesso che sia un principio democratico, rispettoso di ciascuno/a, valido universalmente, con quale criterio viene quantificato cotale “merito”? Ad esempio, ha più merito un lavoratore competente che compie un lavoro rapidamente e in modo efficace o uno che scalda la sedia? Eppure, è quest’ultimo che viene esaltato dai provvedimenti di Brunetta nella pubblica amministrazione. Quale atto di demerito è commesso da un lavoratore malato?
Senz’altro, oggi i lavoratori più stakanovisti sono da ricercarsi tra i bistrattati extracomunitari.
Ancora: quale merito ha il manager che porta un’azienda (per esempio, Alitalia) o un’amministrazione pubblica o un sistema bancario alla rovina? Quale merito un parlamentare che non si presenta in Parlamento (Consiglio Comiunale, Provinciale o Regionale), che non partecipa a commissioni, non interviene, o un professore d’Università che non fa ricerca e talvolta neanche lezione, o in congedo da 12 anni (come Tremonti), che si tiene in caldo posto studio e pensione? Eppure non sono queste le categorie bastonate dall’inflessibile Brunetta.
E sono quelle che hanno fatto più danni. Danni che paghiamo noi.
In mancanza di criteri oggettivi di misurazione del “merito”, non sarebbe meglio il buon vecchio egualitarismo?
Baci, Cometa
Io contro l’egualitarismo non ho assolutamente niente.
Posto – è ovvio – che tenga in conto il valore delle differenze e non pretenda ciò che gli antiegualitaristi della Lega, per esempio, pretendono dagli stranieri: l’assimilazione, la riduzione a zero delle differenze e delle identità, per far vincere ciò che si suppone sia la propria (che in sé potrebbe anche non esistere, perché in fondo si definisce solo per l’esclusione degli altri).
Per me egualitarismo significa che con tutte le nostre differenze tutti abbiamo gli stessi diritti (e gli stessi doveri, ma queste è un’altra cosa).
Concordo!