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che sonno
Ci son giorni in cui uno – una, veramente: cioè io – è troppo stanco (stanca, okay) perfino per fare un post (e alla lezione d’inglese spezza le frasi a metà perché la voce diventa un soffio e la grammatica un ricordo nebuloso).
E poi vede che quello, nella giornata dell’infanzia, dice che le classi separate per gli stranieri sono fantastiche; che quell’altro dice di voler restare dov’è stato «democraticamente eletto»; che quell’altro ancora, dopo anni di onorato servizio nella professione, dice «ok, ci sto: se volete faccio il presidente della vigilanza Rai»; quell’altro che scrive il biglietto per trar d’impaccio l’avversario; quell’altro super-moralista che dice che Eluana viene uccisa dal padre e non dalla sua condizione irreversibile…
Mi sembra tutto così a-s-s-u-r-d-o.
Ho un gran sonno. Vorrei dormire e, svegliandomi, scoprire che non è vero. E che ho vent’anni, un casino di tempo e di energia per fare le cose e realizzare i miei progetti.
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