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l’eterno presente dell’handicap
Non ne avrei scritto, se non ne fossi stata indirettamente sollecitata dalla rapidità con cui ho sentito molte persone giudicare «strappacuore» questa notizia che arriva dalla Sardegna: una ventiquattrenne con problemi – viene detto – «di sviluppo» estromessa dall’asilo nel quale da tempo si trovava perfettamente a suo agio.
Io non conosco la situazione della ragazza e dei suoi genitori, e dunque – lo dico non retoricamente – posso sbagliare.
Anche se nel settore handicap ho una ragguardevole anzianità di militanza, so molto bene che la mia è un’altra esperienza, e che da quest’esperienza non posso ricavare massime o ricette universali, e nemmeno estensibili a comunità ben più piccole di quanto non sia l’universo.
Però vorrei solo dire che anche un handicappato, perfino un handicappato, ha il diritto e il dovere di crescere, con tutte le difficoltà e le resistenze che questo comporta.
Ha il diritto, credo, e il dovere di prendere atto che a dispetto dell’età che gli viene riconosciuta egli ha un’autentica e inconfutabile età anagrafica. Anche se la sua apparenza è quella di un bambino.
E che a un handicappato non c’è alcun modo di evitare il dolore di vivere, solo perché è handicappato. Quel dolore lo deve attraversare comunque, esattamente come tutti noi. La sua esistenza non è una successione di istanti che vivono solo nel presente: anche la sua è una storia che cambia; anche la sua esistenza è un processo.
Vorrei essere meno tranchant, ma non ci riesco e me ne scuso.
Fede… Io conosco molto bene questa storia, tremnenda, che avviene nella “mia” cara Isola…
Una ragazza che ha maturità ed aspetto di bimba – 24 anni anagrafici contro 6 o 7 effettivi – e che avrebbe seriamente il Diritto alla sensibilità di chi le sta attorno e che si prodiga per lei: e invece, niente insegnante di sostegno (anche perché dovremo segnalarli al WWF come specie in via di estinzione, gli insegnati di sostegno, dopo la “Riforma Gelmini”…)
E così, l’asilo (in realtà, mi sembra fosse una scuola elementare, la caccia via, perché per lei non c’è spazio: non si può perdere tempo – né lurido denaro – per stare ai comodi di una handicappata qualsiasi…
Io già ho trattato con la “Nuova Sardegna” questo caso: e ne derivo un’amarezza profonda: solo la Regione Autonoma della Sardegna ha manifestato un briciolo di sensibilità, ma la competenza non sembra sia direttamente sua, e quindi poco ha finora potuto fare…
E intanto, mentre si cerca di capire chi cavolo deve occuparsene, chi sta accanto a questa ragazza, che ha un sorriso splendido e disarmante…?
Amaramente, Guido
(mi vergogno, davvero, di non aver potuto far nulla più che sorridere a questa ragazza-bimba, guardandola nel profondo dei suoi grandi occhi e ricambiando quella gioia disarmante che le leggevo dentro…!)