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ma la gelmini legge quel che scrive?
Ma davvero questa cosa qui non c’entra niente con le università, come lei – la Gelmini, intendo – continua imperturbabilmente a sostenere?
Come può, questa donna, ripetere ossessivamente un ritornello che l’articolo 16 della legge 133 smentisce con nitidezza totale?
Quell’articolo è così chiaro da far accapponare la pelle.
Ti segnalo questo:
http://italiadallestero.info/archives/1435
E’ la precisa traduzione di questo:
http://www.taz.de/1/politik/europa/artikel/1/parlament-billigt-apartheid-in-schulen/
ed è la critica più puntuale ed accurata (teutonicamente) dei “misfatti” della Gelmini (proposte della lega incluse).
Cara Federica, sapevi che le vergognose vicende della Ricerca italiana sono finite in due pesantissimi articoli su Nature, una delle riviste scientifiche internazionali più importanti? e che la Gelmini si è anche negata?
http://www.nature.com/nature/journal/v455/n7215/full/455835b.html
http://www.nature.com/news/2008/081015/full/455840b.html
Benvenut* a Fmcard.
Molte grazie a entrambi per le vostre segnalazioni.
È stupefacente la linearità delle critiche che emergono dagli articoli stranieri che avete indicato.
Ed è anche stupefacente la faclità con cui alcuni dei commentatori di uno dei due articoli di Nature assume senza farne alcuna tara il punto di vista di Brunetta.
Ho la sensazione che a cadere nell’equivoco della cosiddetta «meritocrazia» – su cui (lo ammetto) ho scritto una tonnellata di post… – siano ancora in troppi, purtroppo.
Federica, in verità è uno solo dei commentatori che ribadisce il punto di vista di Brunetta. Tutti gli altri, italiani e non, sottolineano l’illogicità e la dannosità degli interventi del ministro.
Hai ragione, Andrea.
Avevo letto con trascuratezza.
La protesta mi perplegge un poco, per la verità. La Gelmini è inetta e Berlusconi un demolitore di civiltà. Ciononostante, ammesso che l’articolo 16 modifichi davvero radicalmente l’università italiana, siamo proprio sicuri che ciò sia un male? Io non lo sono. L’Italia è un posto in cui moltissimi enti, e perfino alcune aziende, sono al servizio di chi ci lavora dentro e non del loro utilizzatore finale. La scuola (e l’università) in Italia dev’essere comoda, sicura ed efficiente in primis per i docenti e i bidelli, poi per gli studenti (e così pure l’università e qualsivoglia “compagnia di bandiera”). Chi è nel sistema è talmente tutelato che dal 2000 in poi ricercatori e supplenti sono congelati nel limbo della precarietà. Sul breve periodo è logico e comprensibile che questi protestino, ma sul medio e lungo periodo, sono costoro davvero sicuri che “rivoltare il guanto” non finisca per aiutarli? (sempre se di rivoltare il guanto si tratta, ed io ho i miei dubbi).
Poi ‘sta cosa che tutti citano Calamendrei a.d. 1950 è un po’ ridicola, francamente. Se il paese è lo stesso di allora, e le parole dette allora risuonano di identica eco anche oggigiorno, allora è davvero meglio buttarsi tutti a mare. Se il paese è diverso, meglio soffermarsi su che cosa è cambiato da allora ad oggi, se proprio non s’ha di meglio da fare.
Davvero, trovo che l’università vada cambiata. In altri paesi l’ingresso di privati non ha impoverito il sistema, anzi ha migliorato la preparazione, ha continuato a sostenere gli studi teorici ed esteso la competitività economica degli studi dai risvolti prammatici.
Carlo,
mi interessava dire che la Gelmini interviene eccome, mio dio, sulle università (a gamba tesa, per di più), e che non è minimamente corrispondente al vero il fatto che la gente che protesta lo faccia perché non ha letto bene le carte che sua maestà ha invece redatto con amorevole premura, perché in quelle carte non c’è menzione all’università.
C’è, eccome.
In termini generali, poi, una frase come «alle fondazioni universitarie continuano ad applicarsi tutte le disposizioni vigenti per le Università statali in quanto compatibili con il presente articolo e con la natura privatistica delle fondazioni medesime» mi fa semplicemente accapponare la pelle».
In quanto compatibili.
Natura privatistica.
a qualcuno può piacere.
A me no.
Per principio.