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scontro sociale sull’autosole
Per il guardasigilli Angelino Alfano – leggo – «i magistrati devono rispettare la volontà del Parlamento e le decisioni che prende il governo. Non possono mettere ogni volta tutto in discussione. Se si continuerà così “si avrà uno scontro sociale con la magistratura”».
Mi chiedevo: ma il ministro Alfano ha un’idea del significato dell’aggettivo «sociale», soprattutto quando lo si abbini al sostantivo «scontro», o parla un tanto al chilo perché tanto tutto quel che conta è dare un’idea che lui sarebbe un tipo mansueto e sono gli altri, i magistrati, quelli cattivi?
Tanto per fare una citazione: la seconda che hai detto.
E’ un po’ come la giunta “moderata” di Verona.
A proposito di giunta moderata di Verona: lo sapevi che nelle bancarelle di piazza Erbe, oggetto di innumeri e annosissimi tentativi di razionalizzazione estetica e merceologica, si vendevano fino a pochi giorni fa dei manganelli con la faccia di Mussolini e la scritta “ricordo di Verona”?
Meno male che sto ascoltando Liam O’Flynn, tutta una musichettina da un album ispano-irlandese che mi culla tenendomi tranquilla.
Federica cara… Posso dire una cosa – nelle dovute forme, ovviamente – sull’allocuzione dell’ineffabile travet Alfano: «rispettare la volontà del Parlamento e le decisioni che prende il governo»…?
Il Parlamento…? Ma cosa conta più il Parlamento, che ormai si trova soltanto a ratificare ciò che vien deciso altrove? Quale rispetto c’è più in esso?
In proposito, assai eloquente è ciò che scrive Roberto Zaccaria sull’ Unità di oggi (eh, lo so: è L’Unità, bolscevico fogliaccio di gente che rosicchia i bambini fatti arrosto… Ma è invece una Voce che “resiste” ancora, e per questo – DigerSeltz a parte – è vieppiù degnissima di lettura): «Una volta si cercava un modello di “Governo forte, in un Parlamento forte”. Non credo che interessi né a Fini né a Schifani essere Presidenti di un Parlamento inesistente».
Ciò, dopo aver premesso che «il provvedimento sul quale è necessario richiamare l’attenzione in questo panorama in cui il Governo appare come unico e incontrastato protagonista parlamentare, non è tanto il Lodo Alfano, passato in una decina di giorni nelle due Camere, con l’incredibile tolleranza dei loro Presidenti, ed ora giustamente approdato al giudizio della Corte Costituzionale, ma un altro disegno di legge, sempre del Governo, che è attualmente all’esame dell’Aula.
Il titolo è accattivante. Parla di semplificazione, di competitività e di un sacco di altri argomenti, che interessano praticamente tutte le quattordici commissioni parlamentari. Oltre una settantina di articoli. Ma l’elemento più singolare è costituito dal fatto che all’interno vi sono una dozzina di disposizioni, estremamente complesse che incidono sulla struttura del codice di procedura civile e cambiano radicalmente il processo civile.
Sarebbe stato logico pensare che il provvedimento fosse “spacchettato”, diviso per materia tra le varie commissioni ed esaminato separatamente per l’Aula, come vuole l’art.72 della Costituzione.
Niente di tutto questo, dato che si tratta di un “collegato alla manovra finanziaria” e potendo il Governo chiederne l’esame a data certa, si decide, con l’avallo del Presidente, di andare comunque in Aula in un paio di settimane e si concentra quindi l’esame dell’intero provvedimento (salvo un piccolo stralcio) nelle due commissioni a competenza più ampia: Bilancio e Affari costituzionali»…
E che poi Antonio Di Pietro sviluppa e chiosa con questo quesito al Ministro Elio Vito: «Signor Ministro per i rapporti con il Parlamento, le presento il Parlamento! Un organismo che i Padri Costituenti hanno previsto per approvare le leggi. Glielo dico affinché lei possa riferire al suo dante causa che, in questi quattro mesi, ci ha proposto 17 decreti-legge da convertire in legge e il Parlamento ha potuto approvare un solo provvedimento: il “lodo Alfano”, che evidentemente doveva essere così importante e urgente da superare l’articolo 77 della Costituzione. Ma urgente per chi? La Costituzione, signor Ministro, ha stabilito che può sussistere l’urgenza prevista per l’adozione dei decreti-legge soltanto quando l’urgenza è per i cittadini, non per “qualche” cittadino!
Ciò premesso, signor Ministro per i rapporti con il Parlamento, mi fa il favore di dire al suo dante causa che, d’ora in poi, lasciasse far approvare al Parlamento qualche legge spontaneamente e non “spintaneamente”?»
Ti chiedo scusa per le lunghe citazioni, che però rendono bene la sostanza del problema solo se non tagliuzzate…
Un abbraccio, cara Federica! E presto ti scriverò via mail alcune mie impressioni, oltre all’apprezzamento per il tuo “Due colonne…” che finalmente ho potuto avere e leggere…!
Un sorriso, nonostante tutto ciò che ogni giorno mi fa star male al vedere il mio Paese in preda all’ignominia che tutti vediamo…
Il tuo Amico
Guido
Grazie, Guido.
Veramente.
Ciao