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il dialogo del ricatto e il ricatto del dialogo
Nelle soap opera ho spesso notato un tipo standard di sviluppo narrativo delle storie sentimentali impossibili.
Fase uno: no, non posso assolutamente avere una relazione con Tizio, perché è il marito di mia figlia (il figlio della mia matrigna, un extraterrestre blu, un qualunque cosa).
Fase due: oddio, e se mi ci mettessi davvero, con questo?
Fase tre: no, assolutamente non posso, è fuori discussione.
Fase quattro: ok, vada per la relazione.
Il risultato – come ognuno può ben capire – è che la protagonista (ma vale anche per i maschi) si dichiara per la zoccola che è, ma le finte angosce attraversate prima della capitolazione le conferiscono un po’ di dignità.
La stessa cosa succede – a dar bado a quel che si legge sui giornali – con gli uomini e le donne di potere di questi mesi, con la differenza che il sesso parrebbe non avere ruolo.
Fase uno: no, non decideremo assolutamente niente senza il dialogo.
Fase due: e se decidessi per i ca*** miei, senza dialogare con nessuno?
Fase tre: no, è meglio che dialoghi.
Fase quattro: se tu dici di no a quel che io ho già deciso, vuol dire che non vuoi il dialogo e mi costringi a decidere da solo.
Le prove?
Eccole qui.
E anche qui.
Si parla dell’Alitalia, e del commissario Fantozzi che dice «chissenefrega dei sindacati: se dicono no al piano, disdico i contratti e domani licenzio tutti».
Senza dimenticare che questa è l’ultima occasione perchè tutte le precedenti sono state impallinate come gli orsetti nel tiro a segno del lina-park; e la fila dei tiratori era molto lunga.
Politici e sindacati in un giro di valzer sempre più vorticoso a fare dell’alitalia la compagnia aerea più fallimentare, tanto i soldi per tenere in piedi la baracca li ha sempre tirati fuori lo stato (cioè Andrea, Federica etc.)
Fino all’ultima impallinatura in cui i sindacati si sono trovati a reggere lo strascico all’inventore della “splendida cordata” (tanto inventore che se non li “convinceva” lui col c**** che gli imprenditori si sarebbero fatti avanti.
Ma il migliore umorismo involontario è l’affermazione che per i piloti si vogliono retribuzioni paragonabili a quelle di Lufthansa, Iberia ed AirFrance. Buondio per gli stipendi AirFrance bastava che dicessero di sì ad aprile.
Con tutto il rispetto per i lavoratori di Alitalia, ma hanno solertemente segato (ed in questo sono stati adeguatamente aiutati) il ramo su cui erano seduti.
Detto questo, almeno che facciano in fretta e la smettano di rompere le palle (palle si può scrivere? Se no metti tu gli asterischi per favore) tanto per come vanno le compagnie aeree tra qualche anno saremo di nuovo qui a chiederci se se la comprano i tedeschi, i francesi (se va bene) o l’irlandese (ryanair).
Non conosco la vicenda abbastanza da poter dire se la tua analisi è corretta.
L’antisindacalismo, però, non mi piace affatto.
È come l’antiparlamentarismo: l’unica soluzione logicamente coerente a cui conduce questo genere di posizione (a)politica – mi sembra – è l’invocazione del fuoco purificatore.
E io – come disse quello – non ci sto.
Nè mi convice più che tanto l’argomento che tu e io e tutti gli altri cittadini italiani abbiano tirato fuori i soldi per mantenere l’Alitalia in tutti questi anni.
Io faccio parte di uno Stato.
Io pago le tasse per mantenere ciò di cui anch’io mi avvantaggio.
Nelle tasse non vedo granché di male.
Non voterò mai qualcuno per il solo fatto che mi promette meno tasse.
Posto che mi sia garantita la possibilità di mantenermi, ovviamente, più che la percentuale delle ritenute mi interessa la qualità della mia vita, che in minima parte dipende dai soldi (ovviamente – ripeto – posto che mi sia garantita la possibilità di mantenermi col mio lavoro).
Non ne posso più di una politica che mette al primo posto il denaro in sé e non la redistribuzione.
Scusami, Andrea.
Ma a questi argomenti sono molto sensibile.
Non vorrei essere stata troppo ruvida.
Ciao
Neanche a me l’antisindacalismo piace.
L’unico commento è che tra i lavoratori (ed i sindacati) quelli dell’Alitalia sono sempre stati i “più uguali degli altri”. Sono passato anche io dalla cassa integrazione e dalla mobilità e per un trattamento come promise ad aprile la AirFrance avrei fatto le capriole.
Per quanto riguarda le tasse, la mia opinione è che le tasse fanno parte di un patto tra i cittadini ed uno stato. I cittadini hanno l’obbligo di pagarle e lo stato ha l’obbligo di utilizzarle per migliorare la vita dei cittadini. Su quello che proprio non riesco ad essere d’accordo è che l’Alitalia sia (o fosse stata) qualcosa di cui tutti ci avvantaggiamo. Non è mai stata la compagnia più più efficente e coi migliori collegamenti e, nonostante abbia preso i soldi dallo stato, nemmeno la più economica e per di più di fatto ha impedito lo svilupparsi e il crescere di una concorrenza interna. Ora la si fa fagocitare AirOne e la si da in mano ai privati.
Francamente, limitandoci al campo dei trasporti, ci sono molti modi migliori di spendere tutti quei soldi.
Sono d’accordo: potevano usarli meglio, i soldi.