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beh, grazie…
L’ufficio stampa della Sironi editore mi segnala l’uscita di una recensione di «Due colonne taglio basso» su «Realtà industriale», organo della Confindustria udinese (ringrazio tra l’altro il collega Carlo Tomaso Parmegiani, direttore editoriale del giornale, anche per i due complimenti che colloca in testa alla sua recensione).
È una recensione molto gentile e positiva, nella quale peraltro viene pure detto che «ahinoi», la realtà del giornalismo è spesso molto simile a quella che si trova descritta nel romanzo, che viene definito un libro «davvero ben riuscito» che «piacerà a molti, ma probabilmente non agli editori di quotidiani e ai giornalisti, soprattutto a quelli di provincia».
A tanta maggior ragione mi è un po’ difficile capire il motivo per cui si parli di «una lettura qualunquista tipica del nostro Paese».
È un’opinione che trovo singolare, in realtà.
Non solo perché so di non essere qualunquista, e so di non aver scritto una storia qualunquista.
Non solo perché il colpevole non è la Spectre, ovvero un potentissimo mostro senza nome o, appunto, un’«occulta consorteria».
Ma anche perché il movente è del tutto slegato dalla professione e dal milieu del potere.
O la descrizione dell’ambiente giornalistico è considerata credibile (e mi pare di sì, a leggere la recensione), oppure si ritiene che sia non tanto finta (il libro, del resto, racconta una storia d’invenzione e non riporta fatti storicamente avvenuti) ma inverosimile; e questo non mi pare che sia, perché la recensione si conclude sostenendo che l’immagine che esce dal romanzo «talvolta si avvicina alla realtà».
In effetti, dopo oltre sedici anni di vita quotidiana nei giornali, francamente mi stupirei moltissimo del contrario.
Ho notato che nel titolo ti chiama Francesca (ma forse i titoli li compone qualcun altro), mentre nella recensione usa il tuo nome.
In quanto alla ragione dei tuoi dubbi, io penso che abbia cercato un modo per dare un colpo al cerchio ed uno alla botte.
P.S. Nel ritaglio grafico che accompagna il tuo post hai tralasciato il complimento iniziale (sarà forse perchè non riguarda strettamente il libro?).
Quanta premura, Andrea!
Grazie.
Sì, nel titolo il mio nome è sbagliato, ma non credo che i titoli – in un periodico di quel tipo – li faccia una persona diversa da quella che sistema i testi.
Non so niente di quello specifico giornale, però so per esperienza che house-organ come questi vengono materialmente fatti perlopiù da una sola persona, che raccoglie i testi di tutti i collaboratori che scrivono in quel numero, li «ripulisce», a volte li traduce in un italiano accettabile, li impagina, li titola, li gerarchizza e li correda di immagini.
Tra l’altro è tutta la vita che mi sento chiamare Francesca.
Non so perché, ma mi sono praticamente abituata!
Quanto al ritaglio in formato jpg, se tu lo clicchi dovrebbe aprirsi la versione dell’immagine in dimensione reale.
Se l’avessi rimpicciolita e basta, nessuno avrebbe letto alcunché; e se l’avessi lasciata alle dimensioni originali sarebbe stata troppo grande…
Ciao
Bhe ho messo il tuo blog su Google Reader che mi notifica in automatico gli aggiornamenti.
Io che mi credo sufficentemente intelligente (non si può mai essere sicuri di alcunchè in questa vita) ho cliccato il link e mi sono cercato la recensione a pag. 59. Queste sì che sono lezioni di umiltà.
Per così poco?
😉