a volte ritornano (a scuola)

Primo giorno del nuovo anno di scuola.

Lasciato il ragazzino con maestra e compagni, mi avvio per un caffè al bar, attendendo che apra il negozio dove comperare lo spray impermeabilizzante per le scarpe (sì, piove).

«Buongiorno. Un caffè, per favore».
«Liscio?».
«Sì, grazie».

Una vocetta.
Mi giro.
Tre persone davanti al banco.
Un uomo e due donne.
Una delle due donne – scopro – è la moglie dell’uomo.
Giro il mio caffè.

Parla la seconda donna: capelli lunghi, tinti e ritinti di biondo con fiammeggiature rosse e screziature di grigio indigeno.
«No, beh. Faccio avanti e indietro per una scettimana, adescio».

«Ah, come mai?» (qui parla la moglie dell’uomo).
«Perché, sai… I ragatzchi han fatto tutta l’estate in montagna in dsgiro per i caampi…».
«…».
«… e allora son selvaaadsgi, non poscio mica!».
«…»

Bevo il mio caffè. Non è così male.
«Ho pensciato: non poscio mica portarli a Vaarona cousgì selvadsgi. E allora dopo la scuola me li porto su in montagna per una scettimana cousgì sci abittuano».
«Eh, sì, giusto».
Tossisco.

Tento di estraniarmi guardando una signora con i capelli grigi che scrive un sms al telefonino e pensando che la scena sarebbe perfetta per una di quelle paginate che Riccardo Mannelli faceva su Cuore (per vedere l’immagine qui in alto a sinistra a dimensioni accettabili, cliccateci sopra).

«… e comunque, guaarda che se io porto quell’altra in pissina è più il tempo che impiego a assiugarle i capelli lunghi che quello della lessione, veeero!».

Tagliarglieli no, eh?
Pago.
Esco.

Bentornata nella civiltà, Fede.
La gente vera è questa, mica tu con quelle tue ariette da «cioè, ca***, ma cosa sta succedendo a questo Paese?».