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rana verde, uomo nero
La rana resta esposta, la direttrice del museo anche (benché in seconda linea, «coperta» com’è stata dal consiglio di amministrazione).
Aderisco volentieri all’idea di Malvino, di cui apprendo attraverso Danilla.
Lo faccio perché, al di là delle opinioni vibranti che si contrappongono a casa di Giulio Mozzi e a casa di Malvino, mi è piaciuta la dinamica della vicenda: pezzi di mondo, anche tremendamente autorevoli, che tentano di far pressione a modo loro; pezzi di mondo (la direttrice e il consiglio di amministrazione del museo) che fanno il loro lavoro e ne assumono la responsabilità.
Di questi tempi è raro.
E già che ci sono, dico anche che il discorso di Obama m’è piaciuto. Nonostante il fatto che avrei preferito Hillary.
McCain – dice – da vent’anni non fa che seguire la «screditata filosofia repubblicana» del «dai di più e di più a coloro che già hanno la massima parte delle ricchezze, e mettiti a sperare che i rivoletti di prosperità colino giù a vantaggio di tutti gli altri».
Mi sembra un concetto più coraggioso di quelli che esprime Veltroni.
sono credente ma NON mi disturba l’opera dalla rana crocifissa. per me puo’ stare dov’e’ e chi vuole puo’ andare a guardarla, artisticamente non mi pare nulla di eccezionale, ma non sono un esperto d’arte e il mio giudizio vale poco.
pero’ mi dispiace – mi disturba – il fatto che si senta questo bisogno di ferire esplicitamente i sentimenti di chi si sente disturbato dal vedere il simbolo della propria fede sostituito da una rana. mi sembra una mancanza di tatto, un mettersi il rispetto dei sentimenti delle persone sotto le suole delle scarpe.
non vedo altre motivazioni nel fare quest’opera, e sopratutto nell’esporla, che non quello di ferire, di provocare, di calpestare sentimenti, cosa di cui non mi sembra ci fosse bisogno.
di solito per affermare la mia liberta’ di espressione non sento il bisogno di sbeffeggiare cio’ in cui credono altre persone, ma comprendo che in un mondo perennemente in competizione difendere la propria liberta’ significa distruggere quella degli altri (nella fattispecie la liberta’ di credere a qualcosa in cui io non credo).
in sintesi non mi pare la risposta giusta
Non so se Kippenberger avesse il bisogno di «ferire esplicitamente i sentimenti di chi si sente disturbato dal vedere il simbolo della propria fede sotituito da una rana».
Ognuno butta fuori quel che ha dentro, credo.
Che lui butti fuori un «bisogno esplicito» (e se fosse stato implicito, cambiava qualcosa?) «di ferire» lo sostieni tu.
Al di là della singola questione, mi sembra che «disturbare» sia eccessivo.
Credo che le religioni formalizzate siano un po’ troppo suscettibili, e che tendano a forme di megalomania, se così posso dire.
Di ipertrofia.
Sono pervasive, riempiono ogni buco, come sembra dire anche questa notizia.
Che palle.
le religioni formalizzate sono troppo suscettibili, e’ vero, come sono d’accordo che sono troppo pervasive, che si occupano di temi che non sono di loro pertinenza come politica, vita sociale, ecc., ma questa e’ tutt’altra questione. le religioni formalizzate, le istituzioni religiose sono una cosa, il valore che la gente da ai simboli tutt’altra.
riguardo la questione in se’, quella rana in croce e’ una provocazione, non ti pare ? se c’e’ un problema si fa una battaglia, si discute, si fanno le proprie rimostranze, ma nel rispetto dell’altrui persona.
non so se Kippenberger sentisse questo bisogno di ferire sentimenti, ma creando ed esponendo quest’opera lo fa.
a me quell’immagine richiama violenza. e’ un simbolo che per chi ci crede ha un valore, e ridicolizzandolo fai violenza verso chi in quel simbolo ho investito parte di se e della propria vita. non si fa, non e’ corretto, non e’ elegante. che c’entrano le istituzioni? mi spiace, dissento totalmente
Sì, è vero: dissentiamo.
Non vedo la violenza, né la provocazione, né la ridicolizzazione, né la mancanza di rispetto, né – tantomeno – la necessità di fare una battaglia.
Chiunque crede a chi vuole, anche a dio.
Per me è tutto.