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qualcuno conosce la russa?
Dice il ministro della Difesa La Russa che «oltre ai delinquenti, agli stupratori, a chi fa furti e rapine, sono contrari alla presenza dei militari per garantire la sicurezza solo i post sessantottini: i figli, non in senso anagrafico, di chi gridava “basco nero il tuo posto è il cimitero”, “ps-ss”, o quelli che consideravano polizia e carabinieri golpisti».
Vorrei chiedere a qualcuno che conosce La Russa – mi dicono che bastano sei passaggi per raggiungere chiunque al mondo, perciò faccio l’ottimista – se per favore può riferirgli che non sono né delinquente né stupratrice, non ho mai fatto furti né rapine, non sono post-sessantottina, non sono figlia (nemmeno «non in senso anagrafico») di chi gridava «basco nero il tuo posto è il cimitero», «ps-ss», e non sono neanche una di quelli che consideravano o considerano golpisti la polizia e i carabinieri.
Però i militari nelle città non mi piacciono lo stesso.
La faccenda dei militari in città è davvero una megaidiozia. Non saprei dire se sia più ipocrita, cretina o pericolosa. Lo diranno i prossimi mesi.
Secondo me, in effetti, è tutte e tre le cose.
Ma forse non è più neanche pericolosa.
Perché tutto ciò che fa è rendere visibile una cosa che le preesiste (altrimenti non si sarebbe potuto neanche decidere di mandarli in giro, i militari): il degrado (stavolta lo dico io) della sensibilità civile collettiva e della sensibilità istituzionale.
Se ci sembra collettivamente normale se non addirittura giusto vedere i militari per le strade con funzioni (probabilmente, a dar bado ai ministrelli, solo simboliche: da cui l’ipocrisia) di pubblica sicurezza, vuol dire che la decomposizione del senso civile è ben più che compiuta.
E che siamo al di là del pericolo, temo.
La sensazione di “disordine pubblico” cui la presenza dei militari dovrebbe porre rimedio ha la propria radice nell’iniquità di un sistema rappresentativo che non è stato modificato in relazione ai mutamenti sociali.
Milioni di immigrati lavorano in Italia, decine di migliaia hanno costruito la loro famiglia nel paese (che ormai è il “loro” paese quanto è il “nostro”). Costoro pagano le tasse, hanno fisso domicilio, creano ricchezza. I loro figli parlano italiano, hanno amici fra i figli degli italiani. Tuttavia la maggior parte di tali immigrati non ha la cittadinanza italiana e non ha alcun diritto di voto.
Se la negazione del diritto a professare il proprio culto in luoghi adeguati lede in maniera sostanziale i diritti civili di queste persone (oltre a testimoniare un oscurantismo che, per fare solo un esempio significativo, non trova eguali nella storia delle Serenissima), la negazione del voto mina alla base il principio stesso di rappresentatività democratica, cui tali persone non hanno diritto.
E’ in atto un passaggio di potere non dissimile dalla nascita della borghesia mercantile nell’Europa anseatica del XIII secolo, e da molti altri casi.
I militari proteggono esattamente il potere di non concedere il voto a cittadini che devono rimanere di serie B perché, se si desse loro la possibilità di votare, essi potrebbero eleggere rappresentanti che attualmente non hanno e che difenderebbero i loro diritti.
Non so se seguire il ragionamento di Carlo. So solo che al di là di tutto l’utilizzo dei militari così come fa questo governo ha lo stesso livello di logica di usare un coltello per stringere una vite: se va bene è più difficoltoso di usare un cacciavite se va male ti tagli pure.
Se servono più forze dell’ordine per le strade è la polizia (di stato o locale) che se ne deve occupare; e se sono a corto di organici (o sono male impiegati) è lì che il problema va risolto.
Risvolto a cui La Russa non ha pensato: ma Brunetta lo sa che la difesa è in esubero di 3000 unità?