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ho lo stomaco debole, son troppo poco virile…
Una volta, quando io ero piccola, i vigili urbani facevano le multe per il divieto di sosta. Adesso abbiamo esternalizzato le multe per il divieto di sosta a società private, così i vigili – pardon: gli agenti della polizia locale – sono finalmente liberi di fare i pretoriani a tutela delle decisioni, non importa quanto sensate, dei sindaci ai quali coprono le spalle e tengono il mantello.
Niente più multe per divieto di sosta, ma multe a chi mangia i panini sulle piazze, a chi calpesta l’erba. E fermi di prostitute.
Su Repubblica.it c’è la foto di una ragazza nera che, presa in una retata dei vigili urbani di Parma, è stata messa in cella di sicurezza.
Sta distesa a terra, su un pavimento impolverato, apparentemente in costume, poggiata su un fianco, con le braccia abbandonate.
Se è vero ciò che della foto viene detto – e cioè che è stata scattata dopo la retata dei vigili – mi sembra che l’immagine parli da sé. Non perché ritragga una situazione da cui risulti un pestaggio in stile G8, ma solo ed esclusivamente perché ritrae una situazione in cui la noncuranza e il disprezzo verso di lei risultano chiari, evidenti.
Qualcuno tra i violenti squadristi perbene che commentano il pezzo si domanda dove sia lo scandalo.
La donna – dicono – non ha lividi, non ha ferite sanguinanti. E poi, per essere finita nella retata qualcosa avrà pur fatto, no?
Ecco. Quel che mi fa paura è che questa gente non riesca a capire il nesso fra la violenza e il rispetto. Che non capisca che l’assenza di rispetto verso un corpo, verso una storia personale, verso un essere umano è violenza.
Copio uno di questi commenti, dove si parla di «sedicenti sevizie», come se le sevizie fossero persone in grado di dirci qualcosa di se stesse (e io continuo a pensare che il modo in cui vengono usate le parole dice quasi tutto della persona che le usa; come gli occhi, lo sguardo, l’atteggiamento del corpo).
Ecco la copia, con corsivi miei.
«Sono indignato, indignato per l’uso sconsiderato che i giornalisti fanno delle foto, ma sopratutto della “fantasia perversa” che anima queste persone nel descrivere i fatti. Questa donna (così si dice, potrebbe essere anche un viados)» – nel caso in cui fosse un viado, cosa cambierebbe?, mi domando – «è soltanto sdraiata in terra, nessuno ha prove di violenze né di altre sedicenti sevizie. La vergogna principale è quella di avere una classe di giornalisti che non ci pensano due volte a scrivere peste e corna contro le forze dell’ordine, io personalmente mi chiedo dove sia andato a finire il codice deontologico di questa gente cresciuta all’ombra di partiti politici e molto spesso raccomandata da essi per intraprendere l’onorata carriera. Spero che questa gente non abbia mai bisogno di chiamare le forze dell’ordine…, probabilmente si faranno aiutare a far giustizia da quelli dei centri sociali!».
Ora. A parte che questo «commentatore» indignato forse legge giornali diversi da quelli che leggo io, mi sa (quelli che leggo io glorificano le divise qualunque cosa facciano): ma che cosa vogliono, questi miei connazionali? Che il sangue di poveri, prostitute, viados, mendicanti, stranieri, rom, accattoni, marocchini, spacciatori di droga scorra a fiumi per le vie delle loro città?
Quando avranno stabilito chi merita di vivere e chi dev’essere ucciso, o polverizzato, o mandato in discarica, saranno finalmente contenti? Saranno soddisfatti?
Si daranno finalmente alle libagioni nelle loro bifamiliari periferiche con giardino, o nei loro appartamenti di città, scoreggiando di gioia e gettando festanti nel cielo gli scalpi delle loro vittime?
Si placheranno, alla fine?
Perché io non ne posso più.
Veramente.
Mi fanno paura.
c’è un post su oknotizie nel quale i commentatori si comportano più o meno allo stesso modo… anche per me è una tortura essere costretto a leggere simili commenti da quelle che con ogni probabilità sono persone comuni.
Pochi giorni fa parlavo della proposta del governo di togliere l’assegno sociale a chi non avesse almeno 10 anni di contributi (poi fortunatamente ritirata) ad una ragazza che conosco per il suo impegno in chiesa e per il suo voto a destra turandosi il naso… ebbene mi ha risposto che se ci pensi non è giusto che noi paghiamo per gente che non ha fatto niente per tutta la vita.
Ma come è potuto accadere, come abbiamo potuto trasformarci così?
Ripeto solamente quello che ho postato tra i commenti dell’altro post:
”
La pietà è morta, venduta per i più abietti motivi.
Forse non è neppure vero, non è morta la verità, la giustizia, l’informazione, la pietà ecc. forse non sono mai esistite veramente.
E’ morta la speranza… è scomparsa quell’isola che non c’è, che spesso ci ha guidati nei nostri impegni giovanili… si è inaridita la fonte della speranza e probabilmente i nostri figli saranno destinati a crescere così, come dei cani… peggio dei cani, senza un’anima.
Tristezza e sconforto per i tapini che saranno costretti a vivere in un’inferno di anime aride, costruitoci addosso da decenni di bieco materialismo.
“
Sì. Un sacco di gente è convinta che i diritti più elementari non discendano dal fatto di essere semplicemente uomini, donne, bambini, ma debbano essere meritati.
Si comportano come se fossero dei piccoli dei che finalmente, dopo anni di silenzio obbligato e di repressione, possono vendicarsi di tutti i soprusi che immaginano di avere ricevuto.
Come se non avessero mai fatto in tempo a capire che siccome alla fine si muore allora vale la pena di godere della vita più che dedicarsi all’esclusione degli altri da ogni possibilità di benessere.
Come se potessero finalmente vomitare tutto l’acido che hanno dentro, liberati da ciò che evidentemente considerano il vincolo ipocrita della solidarietà, sciolti dall’onere fastidioso di essere partecipi alle vicende umane degli altri.
Come se avessero scoperto all’improvviso di avere un fucile tra le mani (quel fucile che è stato fornito loro da molti, anche fra chi fa il mio lavoro: questo e non smette di darmi dolore), e invece di deporlo con spavento fossero pieni di ebbrezza per il fatto di poterlo finalmente usare per la loro guerra di Giusti Regolari, con la “g” e la “r” maiuscola.