Tags
Related Posts
Share This
w la responsabilità dei giornalisti
Velocissima.
La notizia non è freschissima, ma mi ero dimenticata di scriverne.
Credo che sia una forma di censura verso me stessa: scriverne mi avrebbe fatto ricordare lo stato della mia professione e mi sarei intristita troppo.
Il New York Times – magari avete letto di questa cosa da qualche parte – ha rifiutato al candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti John McCain la pubblicazione di un editoriale di risposta a quello del candidato democratico Barack Obama precedentemente pubblicato.
La motivazione sulla cui scorta il pezzo è stato rifiutato è che l’articolo dell’ex veterano del Vietnam era piuttosto vago, e non rispondeva punto per punto alle affermazioni di Obama.
A parte il fatto che in Italia un qualunque presidente di consiglio di circoscrizione (massimamente se appartenente all’area della maggioranza) avrebbe ottenuto senza sforzo la prima pagina su qualunque quotidiano locale (trovando senz’altro l’utile idiota che, di fronte a un pezzo impresentabile, avrebbe autonomamente fatto tutte le modifiche «migliorative» del caso), quel che è veramente bello di questa storia è l’assunzione di responsabilità del giornalista.
La mail che ha spedito allo staff di McCain è meravigliosa. Meravigliosa. Quest’uomo è un grandissimo. Siccome sono in ferie, dice alla fine della mail, rivolgetevi a tizia caia.
Spettacolare.
la mail
Copio da Hotair.com, e poi dico cosa ne penso
From: David Shipley/NYT/NYTIMES [mailto:XXXXXXX]
Sent: Friday, July 18, 2008 8:31 PM
To: XXXXXXX
Cc: XXXXXXX
Subject: Re: JSM Op-EdDear Mr. XXXXXX,
Thank you for sending me Senator McCain’s essay.
I’d be very eager to publish the Senator on the Op-Ed page.
However, I’m not going to be able to accept this piece as currently written.
I’d be pleased, though, to look at another draft.
Let me suggest an approach.The Obama piece worked for me because it offered new information (it appeared before his speech); while Senator Obama discussed Senator McCain, he also went into detail about his own plans.
It would be terrific to have an article from Senator McCain that mirrors Senator Obama’s piece. To that end, the article would have to articulate, in concrete terms, how Senator McCain defines victory in Iraq. It would also have to lay out a clear plan for achieving victory — with troops levels, timetables and measures for compelling the Iraqis to cooperate. And
it would need to describe the Senator’s Afghanistan strategy, spelling out how it meshes with his Iraq plan.I am going to be out of the office next week. If you decide to re-work the draft, please be in touch with Mary Duenwald, the Op-Ed deputy. Her email is XXXXXXXX; her phone is 212-XXXXXXX.
Again, thank you for taking the time to send me the Senator’s draft. I really hope we can find a way to bring this to a happy resolution.
Sincerely,
David Shipley
Il pezzo di Obama, dice Shipley, dava nuove notizie.
Quello di McCain no, sottinteso.
Un giornalista dovrebbe occuparsi di notizie, effettivamente…
Spaziale quel «lasciatemi suggerire un approccio».
Sensazionale il «sarò in ferie, dalla settimana prossima; perciò rivolgetevi pure a Mary».
Bellissimo lo «spero che riusciremo a risolvere la questione».
In Italia nessuno avrebbe mandato una simile mail.
Il direttore avrebbe semplicemente telefonato al McCain italiano e gli avrebbe detto «ehi, che ne dici se faccio mettere a posto il tuo pezzo da qualcuno? Dai, che una sera di queste andiamo a cena».
E questo se il direttore era coscienzioso.
Sennò, il pezzo sarebbe passato così com’era, anche se avesse fatto schifo.
Se non altro per evitare l’accusa del partito del McCain italiano…
Se non altro per far finta di essere equanimi…
credo che una mail del genere sia impensabile in qualsiasi posto di lavoro in italia.
ormai e’ la supinita’ totale che caratterizza il lavoro.
eh eh eh… molto interessante e, al tempo stesso, inimmaginabile da noi. per quanto riguarda la stampa poi anche questa è carina, dacci un occhio se hai tempo:
http://bioetiche.blogspot.com/2008/07/avvenire-e-il-ruolo-della-stampa.html
Ho letto, Giacomo.
Se non fossi costretta a riflettere quotidianamente sullo stato della mia professione, potrei prendermi un paio di giorni di vacanza giusto per rifletterci un po’…
😉
Però, lascia che dica che mi infastidiscono – non li avrei fatti, ma forse il mio livello di esasperazione è, contrariamente a quel che io stessa direi di me, ancora piuttosto “lieve” (non l’avrei mai creduto) – l’inciso relativo alla qualità professionale della giornalista, e quello nel quale si parla del livello di deontologia della testata.
Federica, grazie per il commento lasciato da me. Riguardo all’«inciso relativo alla qualità professionale della giornalista», può darsi benissimo che quell’articolo sia un incidente isolato; sono cose che possono capitare (anche se non dovrebbero). Però mi sembra inevitabile (ed è quello che ho scritto) che il lettore perda fiducia nell’affidabilità della sua autrice – fiducia che poi va riconquistata faticosamente.
Quanto al «livello di deontologia della testata», se dai un’occhiata al tag in calce al mio post scoprirai che non è la prima volta che quel quotidiano pubblica notizie gravemente alterate su questioni delicatissime. I giudizi duri possono risultare antipatici, lo so; ma possiamo permetterci ancora di far finta di niente? Se qualcuno con un familiare in stato vegetativo persistente legge quell’articolo, che illusioni si farà? Ciao.
Grazie a te, invece.
Ho lasciato un commento sgrammaticato, tra l’altro, perché ero di corsa. Scusami.
Non mi impressiona la critica, sai? Né il fatto che i giudizi possano essere ritenuti “antipatici”.
Mi impressiona il fatto che esiste un Ordine dei giornalisti nei confronti del quale tutti siamo pronti a sparare bordate e poi, quando si tratta di farlo funzionare – o perlomeno di metterlo alla prova – nessuno di noi si attiva.
Sono giornalista, e sono naturalmente messa a disagio dalla qualità del giornalismo che vedo intorno a me.
Però mi sono stancata di sentire attacchi da cielo, da terra, dal mare, da nord e da sud, come se la colpa fosse di tutti i giornalisti, di ciascun giornalista.
No, non è così.
C’è chi si salva, lo garantisco. C’è chi ci prova. C’è chi sta male, per questo.
E proprio coloro che tra noi tentano di dare ancora un senso al lavoro che fanno avrebbero un enorme bisogno di essere sostenuti, e non bersagliati dagli attacchi di persone come Grillo, per dire.
E sai qual è il VERO modo di aiutare quelli di noi che ancora provano a lavorare appena decentemente?
Rivolgersi all’Ordine dei giornalisti con esposti contro i giornalisti che ci sembra siano venuti meno ai loro doveri professionali.
Hai ragione, comunque: non possiamo più permetterci di far finta di niente.
Questo blog è il mio tentativo.
Un altro è il libro che ho scritto.
Un altro ancora – fidati – è l’Ordine dei giornalisti.
Subissiamolo di esposti.
Stiamogli sotto.
Grazie, e ciao