tra merlo e la carfagna stavolta scelgo mara

Non pensavo che mi avrebbe fatto male, altrimenti non l’avrei letto, anche perché in spiaggia tendo a dedicarmi a cose relativamente piacevoli. Sto parlando del commento che Francesco Merlo dedica sulla Repubblica di oggi alla questione della ministressa Carfagna.
Sì: quella delle intercettazioni, delle asserite fellatio, dello sdegno per le parole di Sabina Guzzanti; la ragazza dai capelli ormai corti e dei soberrimi (soberrimi?) tailleurini avorio. Lei. Quella del disegno di legge sulla prostituzione.

In quel commento, Merlo prende le parti della Carfagna. Anzi, forse anche un po’ no. Anzi, forse decisamente no. Però anche un po’ sì, e fa anche un po’ il femminista; cioè, non del tutto, ma abbastanza. O forse la fa a pezzettini, la uccide, la stronca facendo finta di volerle molto bene. Sì. Questo.
E non so se mi spiego (penso di no).

Scrive il sommo che la povera Carfagna “sarà sempre e comunque minacciata dalla calunnia che lei stessa ha definito la schifezza“.
Di qui in poi è un climax che mi ha tolto il fiato: “Una ministra della Repubblica italiana ha il diritto di essere bella”, dice Merlo (beh, grazie, sono commossa), “di non essere spiata attraverso il buco della serratura, di avere una vita privata articolata, tormentata e trasgressiva anche con chi non piace a noi”.

Poiché immagino che “chi non piace a noi” possa ben essere l’Anziano Che Ancora Si Accredita Sessualmente Ultra-Attivo (e sommamente attivo si autoaccredita sommamente proprio in questa vicenda delle fantomatiche intercettazioni), suppongo che sia corretto dedurre che nel momento in cui sembra concedere alla ministressa ciò che asserisce essere un suo diritto, Merlo sta indirettamente dando credito alla calunnia che censurava all’inizio del suo pezzo, ma tant’è.

Proseguo. “Nulla infatti è più squallido dell’offesa orientata sessualmente, delle metafore di genere”.
Oh bella, Merlo.
A me non sembra che – almeno fra gli osservatori più civilizzati – ci sia chi mette in discussione il diritto della Carfagna a intrattenere relazioni anche veloci, utilitaristiche oppure perfino peregrine con chi le pare.
Nessuno critica il fatto che una donna qualunque – e anche un ministro donna – possa far di sé ciò che le sembra più gradito.
Casomai – se le intercettazioni dicono il vero, o se addirittura esistono o sono mai esistite (e io non lo so, ma francamente ho dei dubbi; anche perché l’unico a cui han fatto del bene anche senza essere lette è proprio l’Anziano Che Ancora Si Accredita Sessualmente Ultra-Attivo) – ciò che andrebbe messo in discussione è la visione mercantile e compromissoria dell’io-dò-una-cosa-a-te-e-tu-dai-una-cosa-a-me; io mi concedo a te e tu mi ripaghi con un incarico istituzionale.

Non dico – mi pare ovvio – che sia successo questo; e anzi mi auguro che non sia successo.
Però, semmai quelle telefonate esistessero, e semmai esse dicessero il vero, il punto non ha a che vedere con il genere sessuale se non – come dire? – a monte; ovvero nella misura in cui presupporrebbero il concetto incontestabile che sia sempre un uomo a disporre del pieno e indiviso potere, e sempre una donna a ottenerne un frammento per sé da quelle riconoscenti mani maschili.

Ma Merlo non si ferma. “Non c’è dubbio che il ministro Carfagna è bella”, dice. “E dunque, fra i tanti pesantissimi scandali del governo Berlusconi, non ci sembrò uno scandalo che la sua bellezza venisse RICONOSCIUTA E PREMIATA” (mi scuso per le maiuscole, ma – porca miseria – sono assolutamente necessarie) “come valore”.

Ho letto e riletto.
E’ scritto veramente.
La bellezza premiata come un valore?
E adesso dimmi un po’, Merlo: chi ca*** è il sessista?

C’è di peggio, comunque. Uno penserebbe di no. E invece c’è.
Poco più avanti.
Ecco.
“Ovviamente sapevamo di non essere in presenza di una nuova Nilde Jotti o di una Levi Montalcini o di una Yourcenar. Ma fra i tanti brutti ceffi di stallieri spacciati per ministri competenti ci metteva di buonumore l’idea che un soffio di grazia potesse alimentare le Pari opportunità”.

Il buonumore di Merlo mi riempie di acuta soddisfazione; ma a me pare che qui il suo feroce sessismo tocchi un drammatico apice.
“Sapevamo” che la Carfagna non era la Yourcenar?
E perché?
Perché era bella, Merlo?
Sapevamo che non era una politica eccellente come la Jotti? Una scienziata di vaglia come la Levi Montalcini? O una finissima letterata come la Yourcenar?
E come lo sapevamo, Merlo?
Lo sapevamo perché non era considerata brutta, sessualmente non appetibile, oppure vecchia come le donne che hai citato?

Forse Merlo ha una sua forma di resistenza che gli impedisce di rendersene conto, ma è lui, e mica la Guzzanti o chiunque rilanci ciò che egli definisce la calunnia, quello che tratta la Carfagna a pesci in faccia.
Che non le riconosce l’ipotetico contemporaneo diritto di essere bella e anche intelligente. Bella e anche capace.

Intendiamoci: se avesse scritto che dopo averla vista in azione aveva pensato che la Carfagna non gli pareva simile né alla Yourcenar, né alla Levi Montalcini, né alla Jotti, beh, quella sarebbe stata un’opinione.
Ma quel suo “non ci sembrò uno scandalo che la sua bellezza fosse riconosciuta e premiata come valore” è – su questa vicenda – la frase più pirotecnicamente maligna che io abbia letto.

E’ una frase perfida verso la Carfagna (che si considera evidentemente così stupida da non riuscire a capire nemmeno che la si sta trattando male, e così ottusa da potersi immaginare pienamente appagata della definizione di “bella” che benignamente le si è data), inutilmente maschilista, politicamente inconcludente, e pretesamente galante e snobisticamente condiscendente.
Piena di un’aria di degnazione che, se io fossi la Carfagna, considererei trilioni di volte più offensiva di qualunque possibile uscita della Guzzanti.

Ma io – e questo va anche detto – non sono la Carfagna.