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i privilegi del precario privilegiato
Sul Corriere.it (e non me ne stupisco, purtroppo) c’è la storia di un ventitreenne che s’è licenziato dal call center in cui lavorava a tempo determinato mentre faceva lo studente (cosa che fa tuttora), «a causa degli sciagurati interventi dei rappresentanti sindacali» – dice in un virgolettato – «che hanno costretto il sottoscritto studente lavoratore, volontario dei vigili del fuoco (e molti altri giovani operatori) a un contratto a tempo indeterminato, con orari fissi e non flessibili, ignorando le mie esigenze professionali, pretendendo di imporre la medesima soluzione a tutti i lavoratori».
Chissà come sarà contento, questo studente, della norma «anti-precari» che c’è nella Finanziaria!
Uno prosegue nella lettura del pezzo e arriva a questa frase: «Ma perché questa polemica con i sindacati? Perché, spiega Zeppa, una volta che hanno ottenuto dall’azienda le assunzioni a tempo indeterminato, hanno accettato lo spostamento dei lavoratori in sedi distaccate, al Parco Leonardo, praticamente fuori città. Davvero troppo per lo studente-volontario».
E poi: «Certo, mi rendo conto che per un giovane il posto fisso potrebbe essere un desiderio. Ma io in un call center non lo accetterei mai, perché è un lavoro massacrante».
Non so se questo ragazzo si sia mai fatto sfiorare da questo pensierino, ma ha un’idea di quanta gente è costretta, invece, ad accettare il lavoro massacrante del call center perché non ha altro?
Ha un’idea del fatto che per chi è costretto ad accettare il lavoro massacrante nel call center è meglio poter avere un contratto a tempo indeterminato piuttosto che, come per lui, un lavoretto flessibile?
E cosa pensa del fatto che gli studenti hanno sempre lavoricchiato anche prima della legge Biagi?
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