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«sì, la mia ryanair guadagna sulle disgrazie: e allora?»
Presentava alla stampa il suo bilancio, Michael O’Leary; parlava dei quattrocentottantunomila milioni di euro che la sua Ryanair ha rastrellato come utile, dei tre o quattro aeromobili che quest’inverno – se il prezzo del petrolio continua a salire – dovrà tenere a terra a Dublino, e degli altri sedici che dovrà tener fermi a Stansted.
A un certo punto, un «London-based analyst» (temo che si tratti di una stoccata sarcastica di gusto irish) fa a O’Leary le sue congratulazioni per le tariffe, calibrate – sostiene l’analista economico che vive a Londra – a seconda delle necessità dei clienti.
«Non so chi le abbia riferito che noi seguiamo questa politica», gli replica O’Leary, «ma chiunque l’abbia fatto le ha detto delle belle cretinate. A noi non interessa se uno sta viaggiando per affari, per divertimento o per andare a trovare parenti e amici».
E anzi – gli dice in un climax – «le circostanze che originano gli introiti per noi più profittevoli sono quelle che chiamiamo VFRs» (le «visiting friends and relatives»), «cioè le situazioni in cui qualcuno deve andare a un funerale ed è costretto a prenotare all’ultimo minuto. Questi», dice O’Leary-Paperone «son momenti in cui la gente è del tutto indifferente al prezzo delle tariffe».
Così, racconta l’Irish Independent, uno che dovesse andare da Dublino a Londra Stansted per un funerale e prenotasse il giorno prima della partenza si troverebbe a pagare tariffe variabili fra i 59,99 e i 119,99 euro.
Chi invece può prendersi il lusso di prenotare anche con due settimane di anticipo, lo stesso viaggio riesce ad averlo pagando una tariffa variabile fra gli 0 e i 15 euro.
Sicuri sicuri che O’Leary non sia scozzese?
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