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mi sa che questa ragazza mi vuole bene
Mi sembravano parole così belle che non ho resistito e le ho messe in home page.
Magari poi le sposto, ma per adesso voglio godermele qui, più ancora che nel capitolo «io l’ho letto».
Si chiama vanità. La mia, intendo.
Ciao Federica,
avevo letto il tuo romanzo in bozza e l’ho riletto ora che é uscito in libreria.
È stato molto emozionante chiederlo in Feltrinelli e vedermelo estrarre dagli scaffali, mi ha dato un brivido nella schiena.
Mi è piaciuto moltissimo, e la versione pubblicata di più perché è più completa.
Questa volta, anche perché avevo tempo trovandomi in aereo per un viaggio in Canada, me lo sono letteralmente bevuto, assaporando maggiormente i dettagli, delle vere chicche di sensibilità.
L’ultima scena era necessaria, è splendida, l’ho riletta più volte, fa sognare.
Ti attacco un commento.
Ti abbraccio, grazie per esserci e per il libro che hai scritto.
la recensione di anna
Un omicidio insanguina la redazione di un quotidiano di provincia. L’intreccio, articolato e corale, vede personaggi spinti da diverse pulsioni muoversi in direzioni ora contrastanti ora convergenti.
Lo snodarsi degli eventi intercalato da affascinanti colpi di scena si sviluppa come un percorso edipico verso la conoscenza/consapevolezza della propria identità.
Diventa l’occasione per una riflessione amara, autobiografica sulla figura del giornalista fino ad assumere il respiro di un ineludibile interrogarsi, a quarant’anni, sulle proprie aspettative esistenziali, sulla realizzabilità dei propri sogni.
La trama è giocata sulle storie personali di alcuni personaggi principali di cui si fatica a non innamorarsi, ma è resa credibile dalla descrizione del mondo in cui essi si muovono, di cui vengono tratteggiati con estrema cura i dettagli, colte con lucidità passioni, piccolezze, ossessioni e idiosincrasie.
A volte basta un dettaglio esteriore a dare l’immagine completa di un personaggio: la segretaria della redazione che si aggiusta «uno di quei sette o otto riccioli rossi che amava più della sua vita da acida zitella»; le segretarie della procura della Repubblica «con i culi enormi e le gonne strette che portano faldoni e faldoni avanzando a passi minuscoli un centimetro dopo l’altro perché si ostinano a mettere le gonne strette. E tic e tac e tic e tac».
Altre volte, come nel caso di Cinzia Guidetti, redattrice di un settimanale, si entra più empaticamente nei suoi tormenti privati di quarantaseienne.
Vediamo Cinzia sotto la doccia registrare con sconforto la quantità di messaggi che «un corpo riesce a trasmettere quando si ostina a volerti comunicare che sta invecchiando». Ma poi «il phon, la spazzola e i trucchi» la convincono che se il confronto va fatto, bisogna «farlo solo con le coetanee. E lei, a quelle, dava la merda».
Impagabile il sostituto procuratore della Repubblica Bernardo Montefusco, personaggio che ispira una fiducia istintiva ed emana un rassicurante calore umano; come antidoto alla fatica emotiva per il lavoro che svolge, davanti a un cadavere con la testa fracassata si tuffa con l’immaginazione nel mare di Capri, di cui è originario, e ce ne fa sentire i profumi, vedere i colori, cogliere i sapori.
Troviamo il redattore disinvolto e pragmatico che si gioca i legami professional-sentimentali con le colleghe a fini carrieristici.
E in modo naturale ci affezioniamo al protagonista Strippo: dal primo momento che vedeva qualcuno, faceva l’esperimento con cui metteva alla prova qualunque nuova conoscenza: provava «ad immaginarlo mentre faceva sesso».
Il coinvolgimento nasce perché i personaggi agiscono e dialogano in presa diretta, ci fanno partecipare in modo quasi cinematografico alle loro vicende.
La profonda capacità di entrare nelle differenti e variegate psicologie individuali e la visione caustica sul mondo dell’informazione consentono molteplici e «sensibili» chiavi di lettura: la difficile interazione fra i sessi; l’ambiguità dei rapporti familiari; il conflitto fra arrivismo e etica professionale; i legami fra mercato, potere e informazione; il significato della scrittura.
Posto che «l’anno zero non esiste», scrivere un libro diventa per l’autrice «un modo per dilatare il presente, per sottrarlo alla sintassi del ‘prima’ e del ‘dopo’».
Il linguaggio usato è colloquiale, ma c’è un uso ricercato delle parole; lo stile è molto veloce e di facile lettura.
Non sembra casuale la scelta dei nomi dei personaggi; solo due esempi: la protagonista femminile che aiuta a fare chiarezza e a dipanare la trama del delitto si chiama Chiara Lucini. Il nome del vicecaporedattore assassinato, abile manipolatore di notizie, é Silvio.
Pervade il romanzo uno sguardo sensuale, delicato, acuto nel toccare corde di forte seduzione.
Toglie il fiato la fine dolorosa, ingiusta di un amore dove i personaggi sono lacerati dal conflitto fra un’attrazione fisica ed emotiva irresistibile e il dovere di darsi una nuova condotta sociale.
Di grandissima intensità le pagine su un incontro d’amore in cui la carica erotica è resa con un equilibrio di estrema eleganza fra descritto e suggerito e la molteplicità di impressioni sensoriali e immaginative é colta con rara sensibilità, giocando fra le parole dette e non dette dai personaggi.
Davvero un regalo prezioso e raffinato dell’autrice.
Anna
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