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la legge, l’arbitrio e la devastazione di toghe e Stato
Leggevo il parere del Csm sul decreto legge 92/2008, cioè quello teoricamente relativo al cosiddetto «pacchetto sicurezza» e in realtà allargato quel tanto che basta a far spazio al salva-Silvio.
E pensavo che – anche a essere d’accordo (e non lo sono) con l’idea che chi ruba nella case sia il peggior criminale del mondo, e chi è entrato in Italia senza documenti sia un delinquente per definizione – resta il fatto che chi ha scritto quel decreto che ora si trasformerà in disegno di legge (dopo l’intervento di Napolitano, pare) non sì è nemmeno preoccupato di rendere compatibili le novità che voleva introdurre con quei pezzi di ordinamento che, non abrogati, sono in contraddizione con le nuove previsioni.
Cioè. Chi ha scritto questo decreto non riesce nemmeno ad avere quel minimo di serietà necessaria a legiferare appena decorosamente.
Sarebbe come se io decidessi stamattina che a casa mia si pranza entro e non oltre le 13.30 e dimenticassi di abrogare la norma domestica dell’anno scorso (giuro che sono mooolto più elastica!) che impedisce di pranzare fra le 10 e le 13.30.
A che ora si dovrà dunque pranzare a casa mia? Il pranzo si trasformerà in colazione e arrivederci?
Il decreto dice che è impossibile concedere la sospensione dell’esecuzione di condanne definitive (cioè dopo che la sentenza è passata in giudicato) anche per «incendio boschivo, furto pluriaggravato, furto in abitazione e con strappo e per i delitti in cui ricorre l’aggravante» relativa al fatto che li ha commessi un «clandestino».
Bene.
Dice il Csm che «la disposizione avrà come evidente conseguenza una crescita della carcerazione estremamente elevata, estesa – con scarsa coerenza sistematica – a molte ipotesi per le quali resta ferma la possibilità di concessione delle misure alternative» alla carcerazione.
Cioè: la legge dice che per certi reati si può concedere una misura alternativa alla detenzione; col decreto si dice di no, ma senza aver abrogato la vecchia disposizione, che – appunto – «resta ferma». Ma cos’è, allora, questa previsione normativa? Un consiglio? Un’indicazione di massima? Un suggerimento amichevole?
Quanto all’aggravante della clandestinità, «si fonda su una presunzione di pericolosità che non può automaticamente conseguire a uno status di mera irregolarità amministrativa quale è l’illegale presenza nello Stato».
Cioè: o fate diventare la clandestinità un reato – e ci sono dubbi che ciò sia giuridicamente giustificabile, nel nostro ordinamento – oppure l’aggravante di per sé non tiene, perché rende penalmente rilevante uno «status di mera irregolarità amministrativa».
Quando, poi, il decreto dice che «il giudice assegna precedenza assoluta ai procedimenti relativi ai delitti puniti» con l’ergastolo o con pene superiori a dieci anni, o ai delitti di criminalità organizzata, questo – dice il Csm – significa che «vengono introdotte rigidità tali da determinare in concreto un’esclusione dell’azione penale per intere categorie di fatti che pure la legge prevede come reati. Ciò pone delicati problemi di compatibilità con il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale», e «consegna i relativi reati alla prescrizione».
Cioè: questo legislatore dice ai giudici di occuparsi solo ed esclusivamente di alcuni tipi di reati, e non si preoccupa del fatto che in questo Paese l’azione penale è obbligatoria, e non discrezionale; che il pm, in altre parole, è obbligato dalla Costituzione (articolo 112) a promuovere l’azione penale ogni volta che venga a conoscenza di una fattispecie di reato.
E non si preoccupa nemmeno del fatto che in questo modo tutta un’altra serie di processi finisce per non essere celebrata, consegnando i reati alla prescrizione.
Della sospensione dei processi per un anno (misura evidentemente finalizzata a prendere tempo in attesa che le condizioni siano tali da poter collocare sui procedimenti una definitiva pietra tombale: altrimenti non si spiegherebbe come mai la sospensione debba valere solo per dodici mesi, o che vantaggio essa in questi termini porti), non dico niente, se non che lo spartiacque del 30 giugno 2002 come data entro la quale si deve aver commesso il reato per ottenere la sospensione del processo, è – dice il Csm – «svincolato da ogni parametro di riferimento rinvenibile nel sistema normativo, ed è, conseguentemente, casuale ed arbitrario».
A quel punto, insomma, perché non prevedere che si sospendano i processi di quelli coi capelli tinti? Tanto, l’arbitrarietà è uguale…
Io penso che oltre a raggiungere lo scopo di non essere processato e condannato, Berlusconi stia facendo anche un’altra operazione: quella che con la stampa, per esempio, è già riuscita; ma almeno la stampa non è uno dei poteri dello Stato…
Questa: devastare la credibilità della magistratura mettendola in condizione di dover assumere decisioni contraddittorie e incoerenti, in tempi più lunghi, e con esiti progressivamente sempre più incerti.
Quando l’ordine giudiziario sarà definitivamente sputtanato, formalizzarne la sottoposizione al potere esecutivo sarà digeribile come un automatismo necessario.
Fra un po’, insomma, daremo l’addio all’azione penale obbligatoria: saranno perseguiti solo i comportamenti che il potere esecutivo deciderà essere reato.
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