Tags
Related Posts
Share This
un bambino, i genitori e l’insulto del potere
La storia è agghiacciante. La si trova qua, qua, qua, e anche qua.
È la storia di un bambino che è nato con una malformazione che secondo i medici è incompatibile con la vita. Tra le altre cose, è senza reni. Eppure, invece di morire subito dopo la nascita come accade a tutti i bambini che hanno come lui la sindrome di Potter, questo piccolo bambino si è messo a respirare da solo.
Ebbene. Senza ascoltare i genitori, senza sentire il loro parere, d’autorità, i medici l’hanno trasferito in un centro specializzato e sottoposto alla dialisi, ma non prima di aver mandato i carabinieri dai genitori a dir loro che la potestà genitoriale era stata loro sottratta.
Sul web c’è una petizione per ridare a madre e padre del bambino la facoltà di decidere.
Forse per l’eco che smuove nelle mie memorie, questa storia mi indigna in modo profondo e radicale.
Tutto quel che riesco a vederci dentro è lo scontro impari fra tre singoli individui e l’enormità di un’istituzione (anzi, due: medici e giudici) che usa il suo potere, che schiaccia violentemente la volontà – senza neppure sincerarsene – di chiunque le si pari davanti. Costringe in difesa.
Costringe le sue vittime a trovare la forza, in una situazione come questa, di parlare in pubblico; di esporsi agli occhi di tutti; di portare il peso di sentirsi non le persone che fino al giorno prima sono state, ma un’occasione contingente di dibattito fra favorevoli e contrari; di diventare «caso».
È intollerabile, immorale.
I carabinieri, hanno mandato.
I genitori avevano chiesto qualche ora per decidere se accettare oppure no le terapie per il figlio, e i medici hanno chiamato i carabinieri.
Questo lo chiamano rispetto per la vita, immagino. Per due adulti alle prese con un’esperienza che sconvolgerà per sempre la loro percezione di sé, però, non c’è nessun rispetto.
È orrendo.
Ma il potere può. Può sempre.
Se si chiama «potere» ci sarà un perché.
Il perché è questo.
«Non mi aspettavo un vostro errore
uomini e donne di tribunale.
Se fossi stato al vostro posto…
Ma al vostro posto non ci so stare».
È De Andrè.
C’è una dimensione sociale di questo evento che mi preoccupa molto: continua ad allargarsi l’insieme di “fatti privati” contro cui si scaglia un presunto interesse pubblico.
Sul Corriere viene riportata una dichiarazione del vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica Lorenzo D’Avack che dice: «dinanzi ad una questione di vita o di morte mi sembra corretto decidano i medici indipendentemente dalla volontà dei genitori ».
Il prossimo passo, mi pare di capire, è l’aborto. In fondo si tratta di dare legittimità giuridica completa al feto, poi la situazione diventa analoga.
Quale sia l’interesse pubblico specifico, e perché debba risultare prioritario rispetto ad altri interessi pubblici in gioco, in un fronte ideologico che tende a ridurre al minimo la portata generale dell’idea stessa dell’interesse pubblico, non pare preoccupare più nessuno.
Vuoi mettere il federalismo e la sicurezza….
Marco