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miss immondizia
Per incompetenza (tecnica e territoriale) ho poco da dire sulla gestione dei rifiuti a Napoli, anche se il titolo che vedo oggi sulla homepage di Repubblica.it («Napoli, tornano i rifiuti. In strada 1.300 tonnellate»; nel pezzo all’interno il titolo è diverso, e non contiene il verbo «tornare») mi muove almeno due domande: come fanno a pesare l’immondizia che è ancora per strada, e quante tonnellate di spazzatura c’erano per strada ieri.
Sono invece un po’ più a mio agio, per fatto personale (se non altro per l’appartenenza di genere) con un altro tema apparentemente partenopeo di cui oggi tratta il Corriere.it: le miss.
L’università Federico II di Napoli ha finanziato un calendario con foto di ragazze, e vabbè. Le immagini sono caste, dice l’articolo: come se il problema fosse che l’uso delle donne fa scandalo solo quando le donne sono nude. Ma non importa.
L’altra cosa che l’università finanzia è il concorso di Miss Università. Sono 3.017 euro, neanche un cifrone, e l’obiettivo – spiega colui che viene definito il «leader» della Confederazione degli studenti, che con l’occasione fa pure una lezioncina – è una «serata da passare in allegria, in una città morta, non come certi convegni a cui vanno in 20».
E io, qua, di domande ne ho parecchie, anche se – temo – non necessariamente intelligenti.
Una ragazza che punta a piacere fisicamente a tutti che idea ha di sé? Se non ottiene il riconoscimento dell’eccellenza del suo aspetto esteriore, che cosa, esattamente, le viene a mancare? E che cosa, esattamente, sente di guadagnare se invece il riconoscimento lo ottiene?
Che cosa le fa credere che l’unico giudice con la «g» maiuscola titolato a decidere dei suoi meriti e dei suoi demeriti sia sempre esterno, e sempre un uomo?
E perché la cosa importante è che a una «serata da passare in allegria» partecipino in mille o in duemila? Che cosa succede se a una serata da passare in allegria ci sono solo venti persone? Il nostro successo di organizzatori ne risente? Ma se vogliamo fare gli «organizzatori di eventi» o i pr, non conviene che facciamo gli organizzatori di eventi e i pr invece che i «leader» di un’organizzazione studentesca? Dove vanno a finire la specificità e il senso dell’aggettivo «studentesca»?
Perché le ragazze pensano che sia necessario essere sensuali sempre e comunque? Perché non accettano l’idea che la sensualità è il risultato dell’alchimia di una situazione e pensano invece di doverla trasformare in un’attitudine permanente? Perché si considerano sullo scaffale di una vetrina? Che cosa succederà a queste ragazze quando saranno vecchie e flaccide? Quando né il botulino né la plastica basteranno più a invertire la gravità fisica e morale dell’età?
Sì, lo so. Sono una palla.
p.s. Uno potrebbe dire: perché questa foto dello scozzese? Perché è bella e basta.
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