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il fannullone di de andrè e quello di ichino
«Senza pretesa di voler strafare, io dormo al giorno quattordici ore»; «Non si sdegni la brava gente/se nella vita non riesco a far niente»; «Non si risenta la gente perbene/se non mi adatto a portar le catene»; «Non sono poi quel cagnaccio malvagio/senza morale straccione e randagio, che si accontenta di un osso bucato/con affettuoso disprezzo gettato».
Sono sideralmente lontani i tempi del Fannullone a cui Fabrizio De André diede voce.
Non c’è nessuna dignità, adesso, nel sostantivo «fannullone»; solo disprezzo, sdegno, senso di superiorità, ichinismo, degnazione…
Stiamo tutti vivendo l’ubriacatura populista di una crociata ideologica su cui alcuni fini esegeti moralisti stanno costruendo le loro fortune.
Su Repubblica leggo che a Padova è stato licenziato un lavoratore del Comune che dormiva in servizio. Nello stesso pezzo viene riferito di altri licenziamenti per ragioni analoghe.
Scusate se mi permetto: ma se le persone sono già state licenziate, allora vuol dire che le leggi ci sono, esistono già, e già consentono i licenziamenti.
Vuol dire che se fino ad ora non ci sono stati poi chissà quanti licenziamenti è perché chi avrebbe potuto licenziare ha trovato più facile non farlo, per motivi vari, e adesso tenta di addossare su qualcun altro – magari sui sindacati – la colpa della sua incapacità di assumere su di sé la responsabilità di licenziare, argomentando i motivi per cui lo faceva.
E infine: perché nessuno si domanda quanto grande sia la convenienza delle organizzazioni – pubbliche e private – nel mantenere «riserve» in cui ad alcuni lavoratori è consentito non lavorare? Perché nessuno si domanda quanta «pace aziendale» comporti il permesso accordato ad alcuni di non fare niente?
E perché nessuno si domanda quanti lavoratori (e quanti soprattutto nel lodatissimo privato) sono messi in condizione di non poter lavorare perché il loro lavoro dà fastidio? Meglio perdere un po’ di produttività, no?, piuttosto che far lavorare persone che minacciano il regime delle alleanze aziendali interne ed esterne…
Così, giusto per la nausea che ormai mi coglie quando sento dire che gli statali (tutti?) non fanno niente da mattina a sera…
federica, perdincibacco, a me pare che uno degli obiettivi delle aziende (si, anche quelle private) quando assumono un dipendente sia tra le altre cose quello di far si che il suo lavoro porti un vantaggio economico all’azienda che lo ha assunto.
poi sicuramente ci saranno strategie, convenienza, macchinazioni e doppi giochi volti a far si che in realtà quella persona sia messa in condizioni di non lavorare così da confondere le idee al nemico sindacato, assicurare la pace aziendale, ecc.
però però però continuo a credere che la ragione fondamentale di un’assunzione, al di là degli oscuri giochi di potere sia fondamentalmente quella di far guadagnare all’azienda più soldi di quanti ne spende per lo stipendio di costui, oppure – nel caso del pubblico – assicurare un livello di qualità al servizio svolto per il cittadino a fronte delle tasse che paga. nessuna delle due cose in sé mi sembra eccessivamente immorale, e da imprenditore incallito ti direi che se chi è assunto con questi obiettivi rivela poi l’intenzione di non onorare la sua parte di accordo, non vedo perché l’accordo debba continuare a sussistere.
dove sbaglio in questo ? (fermo restando la protezione sacrosanta delle fasce deboli)
Non sbagli in nessun punto.
Io non ho mai sostenuto che le pesone che lavorano poco o male debbano continuare a farlo indisturbatamente.
Invito solo a considerare che le cose possono essere più complesse e meno manichee di quanto ideologicamente fa piacere pensare a chi ama la banalizzazione della realtà, magari a scopo di propaganda.
È chiaro che non mi riferisco a te!