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una sesta misura di cervello
Mi sono sentita un po’ in colpa, ieri sera andando a letto. Nel post «alate cervelle» non ho riconosciuto nessun valore alle ragioni della Arcuri e a quelle della Bruni (Carla, non la personaggia del mio libro); non le ho prese sul serio, e questo mi dispiace.
Però ho delle scusanti.
Un bel po’ di anni fa, quando il programma di Costanzo era il principale (e piacevole, anche) punto di riferimento dell’insonne medio, una sera era ospite da lui Francesca Dellera, che se non mi sbaglio è stata una fra le prime donne dello spettacolo italiano a ritoccarsi le labbra e il seno. Forse è stata proprio addirittura la prima. All’epoca ero proprio ragazzina e forse era ragazzina anche lei.
Che poi. Chissà qual è l’età anagrafica delle persone che cercano di sembrare più grandi quando sono piccole, e più piccole quando sono grandi. Per averne un’idea ci vuole sempre un calcolo che faccia riferimento a un elemento «terzo», tipo il carbonio 14. Allora, quando ha fatto quel film io dovevo avere tredici anni perché era vietato ai 14 (vedi la coincidenza dei numeri…) e io non ci sono potuta andare, lei sembrava già una ragazza, quindi adesso dovrebbe avere più o meno sette anni più di me…
Quella sera, la Dellera cercava di convincere la platea del fatto che una donna può benissimo essere intelligente, eccome, anche se è bella. L’argomento non è certo privo di un suo interesse, e potrebbe perfino essere considerato un argomento femminista.
Però. Però se una persona sceglie di affidare la propria identità personale al suo aspetto fisico, e a tal punto da accettare di modificare il suo volto e le sue fattezze in un intervento che comporta anestesia generale, bisturi, convalescenza e – aggiungo – lo choc e la fatica di guardarsi allo specchio tentando di riconoscere ancora i segni di sé dopo lo tsunami chirurgico, be’, quella persona dovrebbe poi avere la compiacenza di accettare il fatto che la sua identità sociale aderisce più facilmente a quell’immagine ricostruita che al mitocondrio di intelligenza che quell’immagine mantiene incapsulato.
La genesi del mio post di ieri sta qua, insomma: hai giocato tutta la tua esistenza sul fatto che eri bellissimo oppure bellissima? Che corrispondevi ai canoni di bellezza divoramaschi o triturafemmine? E allora, perché pretendi che il mondo riconosca un valore alla tua cultura generale? Non è che uno può scegliere la scorciatoia della supertetta e del maximuscolo per farsi strada in tv e poi dire scemi ci siete cascati in realtà conosco sceckspir a memoria in lingua origginale e adoro la lettura del potere di come si chiama quel francese, ah sì focò, l’ho lletto un po’ al primo anno di univerzità.
Secondo me si entra dalla porta principale e non ci sono storie.
Il problema vero, nella vita, è leggere bene le targhette che ci sono sulle porte in cui si entra. Anche quando sulle porte sembra che non ci sia scritto niente, in genere ci sono abbastanza indizi.
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