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domande e risp(r)o(u)ste
Il tratto principale del mio carattere
La forza e la determinazione. Ok. Ne ho detti due. Già che ci sono, ce n’è un terzo: la paura.
Le qualità che desidero in un uomo.
La solidità e la leggerezza.
Le qualità che preferisco in una donna.
La solidità e la leggerezza.
Quel che apprezzo di più nei miei amici.
La gentilezza d’animo, il calore.
Il mio principale difetto.
La reattività.
La mia occupazione preferita.
Oziare, e leggere
Il mio sogno di felicità.
Vivere davanti al mare, in un faro, con tanti figli e una connessione Adsl e non aver bisogno di altro.
Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia.
Non riesco neanche a dirlo.
Quel che vorrei essere.
Una donna più serena, ma per il resto mi basto come sono; non perché sono del tutto soddisfatta di me, ma perché so quale strada ho percorso, ne ho proprio vissuto ogni istante.
Il Paese dove vorrei vivere.
Quello dove il faro in cui vorrei abitare costa poco. Quello in cui posso dire a me stessa «vabbe’, sarà anche un Paese un po’ di merda, ma almeno non è il mio». Andrei in Irlanda, ma i fari mi sa che son troppo cari.
Il colore che preferisco.
Il fucsia.
Il fiore che amo.
La rosa aperta, nell’istante in cui comincia ad appassire dopo il suo massimo splendore.
L’uccello che preferisco.
La colomba, ma per esclusione.
I miei autori preferiti in prosa.
Frank McCourt (non esattamente lui: il suo libro “Le ceneri di Angela”), Elizabeth George, Scott Turow.
I miei poeti preferiti.
Non ne ho; non sono a mio agio con la poesia.
I miei eroi nella finzione.
Gerry Conlon del libro “In the Name of the Father”; quello che, nel corpo di Daniel Day Lewis, alla fine dell’omonimo film di Jim Sheridan dice «io sono un uomo libero. Esco dalla porta principale». Alla fine, non è nemmeno è un eroe della finzione perché è una storia vera…
Le mie eroine preferite nella finzione.
Forse Antonia del film «L’Albero di Antonia», ma mi sa che ce ne sono altre che al momento mi sfuggono.
I miei compositori preferiti.
Boh. Forse Bach e Stivell, anche se Stivell perlopiù rielabora musiche tradizionali.
I miei pittori preferiti.
Bosch e Velazquez.
I miei eroi nella vita reale.
Chi resiste a testa alta, ha il cuore tenero e ha fiducia nel futuro.
Le mie eroine nella storia.
Alexandra David-Néel. Direi mia madre, ma nessuno la conosce. Meglio quest’Alexandra. Una che, diciottenne, nel 1886 ha salutato i suoi a Bruxelles, ha preso la bici e se n’è andata in Spagna pedalando.
I miei nomi preferiti.
Giovanni e Margherita.
Quel che detesto più di tutto.
La (mia) paura.
I personaggi storici che disprezzo di più.
A parte Hitler, quelli che si pretendono statisti e distruggono gli Stati, e quelli che credono di governare i processi e invece li stanno subendo, solo che gli altri son più scemi di loro e ci credono.
L’impresa militare che ammiro di più.
Non ammiro le imprese militari.
La riforma che apprezzo di più.
Le riforme non si fanno. Casomai, se ne prende atto, perché rappresentano solo la formalizzazione di processi che sono già accaduti e già stanno operando.
Il dono di natura che vorrei avere.
La longevità.
Come vorrei morire.
Il più tardi possibile, senza accorgermene, dopo aver fatto tutto quel che volevo.
Stato attuale del mio animo.
Preoccupato.
Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza.
Quelle di chi si ravvede, e quelle per passione.
Il mio motto.
Non è un motto in senso stretto, ma è quest’idea: che non ci sono scorciatoie, e che l’unico ingresso possibile, dovunque, è la porta principale.
post scriptum: le domande sono quelle che Marcel Proust scrisse per se stesso (e in effetti diede anche le risposte) dopo che, ragazzino, già aveva risposto al questionario «Confessions. An album to record thoughts, feelings & c.» che gli era stato dato da Antoinette Faure.
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