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la stolta e mistificante ideologia del contraddittorio
Spunta sempre quest’idea che per dare a qualcuno il diritto di parlare da una tribuna in qualche misura pubblica sia necessario affiancargli qualcuno che sostenga opinioni diverse, diametralmente opposte, in nome di un principio che a volte sento chiamare par condicio, altre volte contraddittorio, e altre volte ancora – incredibile a dirsi – addirittura «obiettività».
A me sembra un’idiozia per molti motivi.
vietato cambiare idea
In primo luogo, per quanto strano o peregrino possa sembrare a gente che come noi è abituata a nutrirsi delle semplificazioni, nessuno può escludere, perlomeno in teoria, che al termine di un dibattito qualcuno possa cambiare idea; sicché aver invitato due persone che la pensano diversamente equivale a ritenere le opinioni necessariamente immobili e perpetue.
solo due?
Capisco che la prima obiezione possa venir considerata residuale, e in effetti ne ho altre.
Non credo che la varietà e la complessità delle opinioni su un tema possano essere ridotte necessariamente a due. Ce ne sono sempre un po’ di più, credo, e voler arbitrariamente ridurre tutto a un match di pugilato fra posizioni estreme potrà forse servire a militarizzare le coscienze ma certamente non a esaminare una cosa con genio, scrupolo, diligenza e precisione.
l’ideologia nascosta
Tanto più che la scelta dell’alfiere dell’«opinione-contraltare» è necessariamente il frutto di una selezione arbitraria fra tutte le possibili opinioni.
Questa selezione, dunque, già di per sé fornisce (e mira a fornire) una chiave di lettura precostituita.
E, quel che è peggio, la fornisce senza nemmeno esplicitarla, e anzi proprio nel momento in cui la fornisce pretende al contrario di aver compiuto la meritoria operazione di aver reso la disputa asettica e neutra (vedi il capoverso in cui si dice del giornalismo).
tutti cretini
Concepire come necessario il concorso di un «controcanto» significa pensare che chi ascolta sia sostanzialmente un cretino che se non sentisse un’altra campana potrebbe stupidamente, in virtù di un automatismo inconsapevole, accogliere in sè l’opinione di chi ascolta.
conservare in luogo fresco e asciutto
Intendiamoci: può anche essere vero, per carità.
Può esser vero che il mondo sia pieno di cretini, e anzi (per motivi miei che non pretendo affatto scientifici) tendo proprio a crederlo.
Ma quel che credo ancor più fortemente è che se dai a un cretino i mezzi per conservare la sua cretineria – e presentargli sempre una premasticatura delle opinioni da considerare è un ottimo modo per conservare in luogo fresco e asciutto la cretineria di qualcuno – non è né un buon modo per far progredire il discorso pubblico, né un buon modo per dar agio ai cretini volenterosi di uscire dalla loro cretineria.
il cretino laureato…
Senza contare che un’università che si occupi dei cretini in maggior grado di quanto non si occupi dei non cretini attesta – e l’argomento non mi sembra di secondaria importanza – non solo di essere stata fin lì inutile, ma addirittura di essere stata dannosa, e soprattutto di avere intenzione di continuare ad esserlo.
…e il giornalista colpevolmente (utile) idiota
Ai giornalisti, poi, da un po’ è stato fatto credere che se per esempio danno spazio all’opinione di un nazista – faccio per dire – beh, devono immediatamente dar spazio a un – faccio per dire – comunista.
Ma aver scelto un comunista – ipoteticamente – invece che, per esempio, un ebreo, un sionista, un poliziotto della Digos o un magistrato (tutti possibili contaddittori di un immaginario nazista), equivale ad avere un’idea di mondo e a dichiararla, e non certo a fare un’operazione neutra.
Aver messo sullo stesso piano (anche se contrapponendole) due «opinioni» come nazismo e comunismo è tutt’altro che equilibrato, o addirittura obiettivo, perché anzi equivale a mettere esattamente sullo stesso piano, in modo ideologicamente contrassegnato (e facendo per giunta il gioco di qualcuno), due fenomeni storicamente non paragonabili.
Dunque, altro che riconoscimento della complessità: in quel caso sarebbe un inno alla falsità della banalizzazione.
il vero contraltare di morucci
Tra l’altro, vorrei dire al rettore che se Morucci, come si suppone, avesse inteso dire alla Sapienza che – semplifico – la violenza è sbagliata e entrare nelle Br fu un errore, l’unico possibile contraddittore che egli avrebbe potuto opporre all’ex br sarebbe stato non, come gli fa piacere dichiarare ai giornali per dimostrare che lui è così deliziosamente equanime e obiettivo, un familiare delle vittime delle Br (il che sarebbe equivalso a ritenere che Morucci è ancora nelle Br, e ancora difende quella sua scelta) ma qualcuno disposto a sostenere che il terrorismo delle Br fu allora ed è tuttora, qui e adesso cosa buona e giusta.
Forse gli conveniva tenersi Morucci e stop, no?
Per raccontare la vita non c’è bisogno di contraddittorio, perché l’esperienza non ha un controcanto di «par condicio».
L’esperienza «è» e basta, e parla diversamente a ciascuno di noi, mobilitando fili diversi che si attaccano alle diverse storie di ciascuno richiamando emozioni e sentimenti diversi per ciascuno.
La volgarità della retorica del contraddittorio mi stomaca.
Per il contraddittorio col Papa vedrei bene Dio. (A proposito, auguri di buon anno!)
Se lo trovi – dio, intendo – fammi un fischio, ché m’interessa.
(Auguri anche a te!)
Forse basterebbe il suo figliolo a fargli fare una figura…
Il figliolo del papa, ovviamente!